La
Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo
dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati ha approvato il 19
luglio 2016 una Relazione
sul ciclo dei rifiuti in Sicilia, attraverso l’acquisizione di documenti ed
informazioni assunte nel corso delle missioni effettuate in diverse occasioni.
Gli elementi
acquisiti nel corso dell'inchiesta territoriale sulla Sicilia consentono di
trarre delle conclusioni in merito alle
patologie del ciclo dei rifiuti nella Regione e alla presenza di un sistema di illegalità diffuso e radicato che
costituisce uno dei veri ostacoli ad un’autentica risoluzione delle problematiche
esistenti ormai da decenni. Tali
illegalità hanno trovato - e continuano a trovare - terreno fertile poiché le
competenze regionali, ossia la
programmazione ed il controllo, sono state utilizzate in maniera a dir poco
inefficace.
Invero poco
importa se la programmazione per diversi lustri sia stata di competenza
nazionale giacché la figura del commissario è coincisa con quella di vari
presidenti della Regione siciliana. La situazione attuale, fatta di continue
emergenze, risente pesantemente di scellerate scelte effettuate dal 2002 in
poi: da una parte la previsione di costruire quattro mega inceneritori ha
compromesso lo sviluppo della raccolta differenziata e dall’altra la
costituzione dei 27 ATO ha esautorato i comuni delle proprie competenze altresì
provocando una gravissima crisi finanziaria conseguente alla deficitaria e non
trasparente gestione di queste società che, è bene riaffermarlo, sono state uno
strumento in mano alla politica per il controllo del consenso.
Questa
pesante eredità non è stata superata dall’attuale Presidente della Regione,
tant’è che oggi molti territori siciliani sono invasi dal pattume e l’idea [la
necessità] di portare i rifiuti fuori regione è la prova più lampante
dell’attuale crisi di sistema. I poteri derogatori, applicati prima con le
ordinanze del Governo poi con quelle di somma urgenza del Presidente della
Regione, non hanno raggiunto i risultati previsti nonostante questi strumenti
emergenziali siano stati utilizzati per diversi lustri. A riprova di come essi
siano inefficaci e controproducenti generando con le deroghe alle leggi ordinarie
e alle disposizioni comunitarie solo nuove sacche di opportunità all'errore
gestionale e agli illeciti.
Prima ancora
che l'ambiente, ad essere inquinato è l'intero sistema di gestione dei rifiuti
nella Regione, come confermato anche da importanti indagini giudiziarie per
corruzione effettuate dalla procura della
Repubblica di Palermo. I fatti di corruzione che si sono consumati in un
ufficio cardine nel settore dei rifiuti, ovverossia quello competente al
rilascio delle autorizzazioni, sono di tal gravità che da essi si può
ragionevolmente presumere una permanente deviazione delle funzioni pubbliche in
favore di imprese private operanti nel settore dei rifiuti.
Il quadro di
corruttela venuto alla luce è senza ombra di dubbio caratterizzato da estremi
di devastante gravità, avendo fatto
emergere tutte le patologie di una impropria interazione tra funzionari pubblici e imprese private.
Le indagini
segnalate alla Commissione hanno consentito di mettere in luce come in questo
settore, connotato da una stratificazione normativa e da un complesso e
macchinoso apparato burocratico, le diverse fasi della procedura amministrativa
permettono al funzionario infedele di avere gioco facile sia nel rilascio dei
provvedimenti che nell'agevolare gli imprenditori anche nell'ordinaria attività
di controllo e monitoraggio, da parte della pubblica amministrazione, sulle
concrete modalità di gestione delle discariche e dello smaltimento dei rifiuti.
Si evidenzia
come una delle principali criticità rilevate nell’intero sistema sia
rappresentato dall’incapacità da parte della Regione siciliana – mista a
completa mancanza di volontà politica e amministrativa
– di predisporre la programmazione del ciclo integrato di gestione dei rifiuti
e di portare avanti un qualsivoglia
approccio pianificatorio, procedendo invece con misure straordinarie ed
emergenziali senza dare alcuna prospettiva effettiva di sblocco della situazione
nel medio-lungo periodo. Basti pensare alla procedura di infrazione europea
2015/2165 (Piani regionali di gestione dei rifiuti.
Violazione degli articoli 28(1) o 30(1) o 33(1) della Direttiva 2008/98/CE),
che riguarda anche la Regione siciliana. La Commissione Europea contesta con la
sopracitata procedura alla Regione delle violazioni del diritto europeo
rispetto alla questione della predisposizione, valutazione e riesame del piano
di gestione dei rifiuti.
A tale
mancanza di programmazione corrisponde un approccio costantemente basato sull’emergenza, la contingenza e l’approssimazione.
L’emergenza in Sicilia, nei fatti, non è mai terminata: si è passati dalle ordinanze del
Presidente del Consiglio dei ministri a quelle di somma urgenza del
presidente della Regione siciliana. E’ dal 1999 che, al netto di qualche periodo
di presunto regime ordinario, questo territorio in materia di rifiuti viene
“governato” attraverso strumenti straordinari. Tuttavia i risultati non sono
soddisfacenti se è vero come è vero che, dopo più di tre lustri dalla prima
dichiarazione dello stato di emergenza, la raccolta differenziata resta al palo
e le infrastrutture utili a governare l’intero ciclo dei rifiuti scarseggiano.