sabato 29 agosto 2015

INCENERITORI, NO GRAZIE!

di Aurelio Angelini
Firma la petizione
Il decreto “sblocca Italia” secondo il governo era necessario per evitare l’infrazione alle direttive europee in materia di rifiuti. In realtà la UE aprirà un’ennesima procedura per il mancato rispetto dell’obbligo previsto di pretrattamento dalla Direttiva 99/31 sulle discariche e per il mancato raggiungimento degli obiettivi europei per la raccolta differenziata.
Lo “sblocca Italia” considera l’incenerimento come indispensabile per la gestione dei rifiuti, mentre è solo uno dei pretrattamenti possibili, il meno conveniente economicamente e ambientalmente; richiede tempi lunghi di realizzazione (almeno 5 anni) e non può essere considerato una risposta sollecita a una necessità indifferibile.
I costi di investimento sono di almeno 4 volte superiori rispetto ad impianti a freddo di trattamento. La vera priorità è quella delle attrezzature e dei mezzi per la raccolta differenziata e l’impiantistica per riciclo e compostaggio.
L’inceneritore bruciando i rifiuti distrugge la potenzialità occupazionale e imprenditoriale del ciclo e del riciclo delle materie prime e seconde contenute nei rifiuti e necessita di due tipologie di discarica: ceneri volanti e scorie; produce inoltre, inquinamento atmosferico e accumulo nell’ambiente di sostanze altamente tossiche, che si insinuano nella catena alimentare ed è in collisione con lo sviluppo dei programmi e degli obiettivi di raccolta differenziata e con l’“Economia Circolare” dell’Unione Europea.
L’alternativa agli inceneritori e alle discariche è quella di dotare –sopratutto le aree più arretrate del Paese - di sistemi in grado di adempiere agli obblighi di pretrattamento dei rifiuti in discarica, un diffusione territoriale adeguata di impianti di compostaggio (uno ogni centomila utenti), programmazione e realizzazione a completamento di impianti di trattamento “a freddo” con recupero di materia dal rifiuto (sistemi di selezione e di stabilizzazione biologica, convertibili in impianti di trattamento dell’organico pulito (compost) e dei materiali provenienti dalla raccolta differenziata).
La precondizione per un risultato soddisfacente nella gestione sostenibile dei rifiuti è una buona raccolta dell’organico, in modo da rendere il rifiuto residuo meno “sporco” e più valorizzabile, e in questo l’Italia esportata modelli ed impianti nei vari paesi dell’Unione e non solo. Tutto ciò viene messo in crisi dalla necessità di reperire rifiuti per alimentare gli inceneritori.
La raccolta differenziata, le pratiche di riduzione, la minimizzare il rifiuto residuo, il ripensamento della produzione delle merci per favorirne il riuso/riciclo, rappresentano la struttura portante delle strategie ambientali ed economiche dell’Europa.
L’incenerimento richiede garanzie e ingenti risorse finanziarie, quantità prestabilite di materiali da bruciare, altrimenti il rischio finanziario, vedi le recenti difficoltà di un colosso del settore in Germania, il cui ramo d’azienda “ambientale”, non è stato d’interesse del mercato perché era costituito da inceneritori, ritenuti di scarso interesse per la contrazione dei rifiuti da bruciare per effetto dell’economia del riciclo. Gli inceneritori rallentano o bloccano i programmi di espansione della raccolta differenziata e il recente caso della Sicilia è esemplare.
Nel 2003 l’allora commissario-presidente della regione stabilì di realizzare quattro mega inceneritori per il totale dei rifiuti che si producevano in Sicilia. Le ricche e bastevoli risorse di cui disponeva il commissario di fondi statali, regionali ed europei, ammontavano a circa 700 milioni, da destinare principalmente agli investimenti per la realizzazione dell’impiantistica, di questi fondi, solo 10 milioni verranno impiegati per gli impianti per la raccolta differenziata: uccidendola nella culla; operazione ben riuscita come i numeri di oggi ci attestano, attraverso un’altra scellerata decisione, quella di frammentare il sistema di raccolta in 27 società d’Ambito. Oggi si è andato oltre la frammentazione e assistiamo SENZA OPPOSIZIONE all’autorizzazione da parte della regione di più di 200 ARO (Ambito di Raccolta Ottimale), ma questa vicenda per i suoi profili economici, tecnici e di illegittimità, merita un apposito approfondimento.
Siamo giunti al capolinea della cenerentola italiana nella gestione dei rifiuti e come nelle favole ci racconteranno che gli inceneritori ci salveranno dall’emergenza, ma nel frattempo e per i prossimi cinque e più anni, prima della messa in funzione degli inceneritori, si continuerà –come è già successo- a riempire le discariche di preziosa materia prima, negando ancora una volta alla Sicilia la possibilità di costruire la filiera imprenditoriale- occupazionale produttiva del ciclo dei rifiuti e di vivere ai siciliani in una terra pulita e più attrattiva.
Il bando per la realizzazione degli inceneritori in Sicilia garantiva un contratto “vuoto per pieno”, che costringeva per vent’anni a conferire all’incenerimento garantendo almeno il 65% dei rifiuti e in ogni caso, i comuni erano obbligati a corrispondere per vent’anni l’equivalente.
In Europa gli inceneritori e le discariche rappresentano il passato e non riceveranno finanziamenti comunitari, perché rappresentano la strategia inversa al VII Piano europeo per l’ambiente, sostenuto dall’Europarlamento, che ha chiesto l’abolizione di ogni finanziamento a discariche o inceneritori, impegnando la Commissione sulla “economia circolare”.
Senza finanziamenti in conto capitale e senza i sussidi alla produzione energetica da incenerimento (vedi il cosiddetto CIP/6 che ha distorto il mercato del settore in Italia), puntare sugli inceneritori comporterà un aumento delle tariffe dal 40 al 60%.
Il sistema Paese ha bisogno di una strategia chiara e di investire in capacità di indirizzo, che è quella della raccolta differenziata e della riduzione, generalizzando le pratiche virtuose di tanti Comuni al Nord come al Sud, che devono diventare progetti per i comuni viciniori non virtuosi, anziché importare dall’estero tecnologie obsolete di un’economia del passato.
L’Italia ha avuto un ruolo importante nella innovazione dei sistemi di gestione dei rifiuti, per la produzione di macchinari, tecnologica e ricerca, che esporta nel mondo, per il trattamento, il riciclo e il riuso dei rifiuti.
L’Europa va “verso un’economia circolare” che si prefigge di aiutare gli stati membri a diventare una società del riciclaggio, per non gettare in discarica o bruciare (economia lineare), la preziosa materia prima contenuta nei rifiuti.
A partire dal famoso rapporto “The limits to growth” (1972), la crisi ambientale si è venuta inizialmente definendo come i limiti fisici di una crescita fondata sul consumo illimitato delle risorse naturali, ma già anni prima la critica ai fondamenti economici del mercato aveva trovato proposte interessanti e innovative nell’esigenza di passare dall’ “economia del cowboy” a quella della “navicella spaziale”, sostenuta da Kenneth Boulding, e aveva tentato con Georgescu-Roegen di estendere le leggi della termodinamica a regolare l’economia nel consumo delle risorse naturali. La proposta di perseguire uno “stato stazionario” del ciclo produzione–consumo avanzata da Herman Daly sembrava una risposta interessante al “predicament of mankind” denunciato dal rapporto commissionato dal Club di Roma.
Il Settimo Programma d’azione europeo in materia di ambiente (periodo 2013-2020) intitolato “VIVERE BENE ENTRO I LIMITI DEL NOSTRO PIANETA”, coglie dopo più di quarant’anni il monito del rapporto “The limits to growth”, redatto da Donella H. Meadows, Dennis L. Meadows, Jørgen Randers e William W. Behrens III. Rapporto, basato sulla simulazione al computer, che presenta gli scenari e le conseguenze della continua crescita della popolazione sull'ecosistema terrestre e sulla stessa sopravvivenza della specie umana.
L’Unione europea si prefigge oggi come obiettivo generale, cercare di migliorare la qualità della crescita economica e delle altre attività umane in modo da aumentare in misura significativa l'eco-efficienza.
Il Programma evidenzia come, nonostante alcuni importanti traguardi raggiunti, sia necessario affrontare ulteriori sfide e si fonda sul principio "chi inquina paga", sul principio di precauzione e di azione preventiva e su quello di riduzione dell´inquinamento alla fonte e definisce un quadro generale per la politica ambientale fino al 2020, individuando gli obiettivi prioritari da realizzare:
a) proteggere, conservare e migliorare il capitale naturale dell´Unione;
b) trasformare l´Unione in un´economia a basse emissioni di carbonio, efficiente nell’impiego delle risorse, verde e competitiva;
c) proteggere i cittadini da pressioni e rischi ambientali per la salute e il benessere;
d) sfruttare al massimo i vantaggi della legislazione dell’Unione in materia di ambiente migliorandone l’attuazione;
e) migliorare le basi di conoscenza e le basi scientifiche della politica ambientale dell’Unione;
f) garantire investimenti a sostegno delle politiche in materia di ambiente e clima e tener conto delle esternalità ambientali;
g) migliorare l´integrazione ambientale e la coerenza delle politiche;
h) migliorare la sostenibilità delle città dell´Unione;
i) aumentare l’efficacia dell’azione della UE nell’affrontare le sfide ambientali e climatiche a livello internazionale.
Nel settore dei rifiuti questa strategia richiede – per non essere esclusi da un segmento industriale così importante, come è accaduto nel settore energetico per la strategia UE dei tre 20% al 2020, con l’allora governo italiano che puntava al nucleare- la progettazione dei processi di produzione dei prodotti che devono “essere ripensati per essere utilizzati più a lungo riparati, ammodernati, rifabbricati o, alla fine riciclati, invece di essere gettati. Per far ciò è necessario attivare politiche idonee a favorire modelli aziendali innovativi che instaurino un nuovo tipo di relazione tra le imprese ed i consumatori”, programmi specifici sulla riduzione dei rifiuti e sull’incremento del recupero e del riciclo degli stessi nella prospettiva di abolire il ricorso alle discariche. Basta adottare come base progettuale l’adozione delle migliori pratiche e delle migliori politiche di gestione dei rifiuti, verso il mondo imprenditoriale basato sulla “ecocreatività” e capace di mettere in campo conoscenze, tecnologie ed innovazione per la realizzazione di prodotti ecosostenibili e l’elaborazione di sistemi del riciclo. Questi sistemi sono in grado di favorire la ripresa economica, sviluppare i livelli occupazionali, perseguire un benessere solidale e duraturo. Dovrebbe sorgere il sospetto che è sbagliato TENERE SEPARATI, o relegare nella politica dei “due tempi”, i diversi aspetti della crisi, quello finanziario ed economico-produttivo da quello delle risorse naturali, dell’ambiente, dei cambiamenti climatici.
Le azioni sulle quali concentrarsi sono:
1. Realizzazione di centri di preparazione e di ricerca per il riutilizzo dei rifiuti;
2. Realizzazione di distretti industriale del riuso;
3. Raccolta e riciclo dei PSA;
4. Produzione di imballaggi green;
5. Paperless;
6. Riutilizzo eccedenze alimentari. Fondamentale in questo processo il ruolo dell’intero sistema imprenditoriale chiamato a sostenere investimenti nel settore del riciclo, a svolgere attività di ricerca nel campo della progettazione e realizzazione dei prodotti ecosostenibili, a promuovere l’acquisto di tali prodotti.
7. Misure di sostegno regionale e incentivazione dei Comuni a sviluppare misure di fiscalità di vantaggio a favore delle Imprese che decideranno di investire risorse nel campo della prevenzione, del riuso o del riciclo dei rifiuti, ad incrementare il mercato del riciclo mediante il potenziamento degli acquisiti verdi, a promuovere la creazione di una rete di rapporti, culturali, scientifici, istituzionali, territoriali ed economici atti a sostenere e pubblicizzare il sistema imprenditoriale operante nel campo dell’economia circolare, a diffondere le migliori tecnologie disponibili, le buone pratiche ed i migliori risultati promuovendo misure premiali, a promuovere la creazione di un marchio unico per le società operanti nel campo dell’economia circolare dando evidenza alle imprese che partecipano al progetto.
8. Nella messa a punto di proposte imprenditoriali, la qualità e la quantità di raccolta deve essere compatibile con il business. E la “collaborazione” dei cittadini (da incentivare) o comunque dei “fornitori dei rifiuti” sia fondamentale per arrivare ad una separazione quanto più spinta possibile.
9. Favorire un ambiente economico in grado di attrarre nuovi investimenti, in virtù del fatto che esiste un know how specifico ed un territorio aperto all’innovazione (vedi start Up, incubatori d’impresa, dipartimenti universitari, CNR ed ecc.)
10. Efficienza produttiva e distributiva (vicinanza tra mercati di sbocco e materie di approvvigionamento), il costo di trasporto incida profondamente nei prezzi di acquisto o di vendita o, non da ultimo, in cui la disponibilità di particolari materie prime necessiti di una trasformazione in loco dell’industria alimentare).

venerdì 28 agosto 2015

Sblocca-inceneritori

di Domenico Finiguerra
Ad un conduttore televisivo che le chiedeva di dire qualcosa di positivo sugli inceneritori, Patrizia Gentilini, nota oncologa dell'ISDE (Associazione medici per l'ambiente) rispondeva: "Mi procura troppi malati".
Con un guizzo e magistrale padronanza del mezzo televisivo, Matteo Renzi, all'epoca presidente della Provincia di Firenze, investiva il medico con una raffica di tweet: "una signora che fa l'oncologa non può dire mi procura troppi #malati; lei non può dire il #termovalorizzatore fa venire il #tumore; lei sta facendo del #terrorismo; ci vedono le persone #malate che in questo momento hanno un tumore e che arrivano a #immaginare che sia per colpe di #scelte #infrastrutturali; questa è una gigantesca #baggianata."
Lo scambio animato lo si trova in rete facilmente scrivendo "Renzi accusa Gentilini".
Per commentare il capitolo dello Sblocca-Italia, questa premessa è indispensabile, perché in quello scambio verbale si ritrova tutta l'arroganza e la violenza verbale del potere (che talvolta diventa anche fisica, basta pensare alla repressione del movimento No Tav in Val di Susa) oggi incarnato dal governo Renzi. Arroganza che lo Sblocca-Italia traduce in un testo di legge.
Il nostro Paese è attraversato da molti luoghi comuni. Alcuni veri altri no. Siamo il Paese della pizza, mafia e mandolino. Siamo il Paese più bello del mondo. Siamo il Paese delle emergenze. Siamo il Paese delle deroghe e dei condoni. Siamo il Paese dove in alcune città la "monnezza" si accumula in strada. Ed è proprio attorno a quest'ultima circostanza (vera) che si è costruita e consolidata negli anni un'ideologia pro-termovalorizzatori. Un'ideologia che non racconta tutta la verità rispetto ai danni provocati alla salute e che non tiene conto delle leggi della natura.
La legge della conservazione della massa è una legge fisica della meccanica classica, che prende origine dal cosiddetto postulato di Lavoiser: "Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma". Quindi se metti una tonnellata di rifiuti in un forno inceneritore, una quota (fino a un terzo) ti resta in ceneri da smaltire in discariche di servizio, una quota (per la pulizia degli impianti) va in liquidi e quindi nel ciclo idrico, una quota è trattenuta da filtri. Ed il resto? Non sparisce certo. Non si distrugge. Semplicemente vola via. Piccole (nano) particelle che prima o poi te le ritrovi nell'insalata o nel latte, anche materno. Nanopolveri di dimensioni infinitesimali e nocive che spesso sono composte da cromo, cadmio, nichel, arsenico, mercurio. Tant'è che ormai sono decine gli studi che indicano chiaramente l'incremento di tumori nei pressi degli inceneritori.
Ma gli inceneritori s'hanno da fare. Ci servono per metterci al passo. Al passo con chi? Con l'Europa? Ce lo chiede forse l'Europa di incenerire?
Il primo comma dell'articolo 35 dello Sblocca-Italia recita: "Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, individua, con proprio decreto, gli impianti di recupero di energia e di smaltimento dei rifiuti urbani e speciali, esistenti o da realizzare per attuare un sistema integrato e moderno di gestione di tali rifiuti atto a conseguire la sicurezza nazionale nell'autosufficienza e superare le procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore". Ripetiamolo: "Superare le procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore"-
Il lettore, e immaginiamo anche gran parte dei deputati e senatori chiamati a convertire in legge il decreto, premendo il bottone dirà: Ah, ok, ce lo chiede l'Europa". Ed invece non è vero! Perché non esiste alcuna direttiva europea che ci obblighi ad incenerire una quota dei nostri rifiuti.
Al di là della ricaduta sulla salute dei cittadini, gravissima e dimostrata, e che dovrebbe far scattare il principio di precauzione, lo Sblocca-Italia calpesta i diritti delle autonomie locali e le buone pratiche realizzate nei territori.
Innanzi tutto l'accelerata sugli inceneritori viene imposta senza alcun vincolo di bacino. Ovvero, se un inceneritore è sottoutilizzato perché l'ambito territoriale non conferisce più rifiuti a sufficienza (con conseguenze negative sui bilanci delle aziende che li gestiscono), grazie allo Sblocca-Italia si apre definitivamente all'arrivo di rifiuti da altri territori. E la lobby degli inceneritori ringrazia. 
Non si discute certo il principio di solidarietà in base al quale sarebbe cosa buona e giusta aiutarsi l'un l'altro. Ma in questo caso si produce un effetto perverso e punitivo che vanifica tutte le politiche e le buone azioni di comuni e cittadini virtuosi. Facciamo un esempio.
Se una provincia ha lavorato bene riducendo la quantità di rifiuti prodotta, portando al massimo la raccolta differenziata, investendo in impianti e tecnologie che non inceneriscono ma valorizzano i rifiuti, rendendo di fatto obsoleto il modello che ruota attorno al camino di un inceneritore, con lo slocca-Italia viene di fatto azzerato tutto il suo lavoro, tutte le risorse e tutto l'impegno civico dei suoi cittadini per tutelare l'ambiente e la salute, dei propri bambini in primis, perché l'inceneritore continuerà comunque a bruciare la medesima quantità di rifiuti semplicemente importandoli da altri territori.
La formulazione del citato articolo 35 presenta contraddizioni al limite dello scherzo. Basta leggere il comma 1 per restare attoniti:"Tali impianti [inceneritori], [...] concorrono allo sviluppo della raccolta differenziata e al riciclaggio [...]". Tradotto: gli inceneritori servono a migliorare la raccolta differenziata. Un colpo ad effetto degno della miglior agenzia pubblicitaria che però squalifica di ogni base razionale e logica l'intero impianto dello stesso articolo 35. Ma di più. Mentre tutti i Paesi europei approntano politiche ambientali volte al superamento dello smaltimento dei rifiuti in forno imboccando la strada della circolarità, del riciclo, del riuso, del recupero nel rispetto dell'ambiente, della salute ed anche di riduzione dello spreco attesa la scarsità di risorse, il governo Renzi impone, in totale controtendenza, la realizzazione di nuovi impianti. Per mesi migliaia di cittadini, ambientalisti e comitati hanno lavorato in tutto il Paese per una legge di iniziativa popolare denominata "Rifiuti Zero". La mobilitazione ha fatto crescere la consapevolezza di quanto sia importante cambiare rotta, dell'urgenza di passare da un sistema distruttivo di risorse e materiali ad uno fondato sul recupero, retto dal principio "chi inquina paga" con la previsione di una responsabilità civile e penale per il reato di danno ambientale. La proposta del comitato "Rifiuti Zero", che persegue la riconversione ecologica in perfetta linea con i Paesi europei considerati più moderni rispetto al nostro, proprio sul "dossier rifiuti" (il ministro dell'Ambiente del governo francese Sègoléne Royal, pochi mesi fa ha testualmente dichiarato: "Les incinératuers sont une solution dépassée. Il faut arreter les incinérateurs"), viene completamente ignorata dal governo italiano con lo Sblocca-Italia arrivando addirittura a prevedere l'applicazione del potere sostitutivo nel caso in cui non venisse rispettato il dimezzamento dei tempi previsto per il rilascio delle Autorizzazioni integrate ambientali.
Gli interventi di interesse strategico saranno dichiarati di pubblica utilità, e quindi, urgenti e indifferibili. Si annunciano partenze a razzo via veloci con l'esproprio, rimozione di ogni opposizione, tacitazione di ogni contestazione, e interventi drastici sui gruppi di cittadini e associazioni ambientaliste che osassero mettersi di traverso.
Lo sblocca-Italia avrà come unico effetto positivo quello di essere uno spartiacque. Sarà un vero e proprio banco di prova per chi si dichiara ambientalista, per chi "si misura" sulla tutela del territorio, del paesaggio, della bellezza, della salute. Da una parte ci saranno i dirigenti ed i fiancheggiatori del partito degli inceneritori, del cemento, delle privatizzazioni, delle emissioni, della crescita "costi quel che costi"; gli esecutori degli interessi di lobbies, profittatori di ciò che appartiene a tutti.
Dall'altra parte ci saranno le forze che non accettano né mai accetteranno che ambiente, salute, e beni comuni siano sacrificati insieme agli altri diritti dei cittadini per soddisfare l'avidità di poche persone, di pochi gruppi di potere.

Tratto dal libro "Rottama Italia" 
edito da Altra Economia
www.altreconomia.it/libri




mercoledì 26 agosto 2015

Zero Waste Sicilia, lettera aperta all'On. Davide Faraone

Davide Faraone
Egr. On. Faraone,
Lei ha recentemente ripreso e rilanciato l’annuncio che il Consiglio dei Ministri ha attivato le procedure per l’ennesimo commissariamento della gestione dei materiali post-consumo – mi scuso di non riuscire a chiamarli rifiuti, come tutti – della Sicilia. Eppure Lei, che è stato deputato regionale, sicuramente sa che a partire dal 2000 e fino al 2013 la Regione Sicilia è stata commissariata in più turni, con la motivazione ufficiale di essere incapace di organizzare un sistema europeo di gestione degli scarti urbani ed industriali, ma in realtà con l’obbiettivo di imporre scelte non condivise dalla popolazione. I risultati di questi commissariamenti sono sotto gli occhi di tutti, e da Lei denunciati con forza solo oggi. Sulla carta, è la legge regionale 9 del 2010 ed il piano regionale dei rifiuti prodotto da una struttura commissariale e ministeriale che prevede, in ottemperanza di direttive europee, il 65% di RD ed il 50% di recupero di materia entro il 31/12/2015 . Ma un conto è scrivere una legge o redarre un piano, altro è operare concretamente per realizzarlo. Infatti gli stessi commissari fino ad oggi non hanno saputo, o potuto o voluto applicare questo piano, ma hanno tollerato tante illegalità ed inosservanze delle proprie delibere. Viene pertanto il dubbio che proprio il commissariamento possa essere una concausa della malattia invece che la cura, come la Commissione “ecoreati” (Pecorella) ha affermato nel 2013.
Due conticini della serva. Il valore dei materiali post-consumo, se interamente recuperati, che ogni anno in Sicilia vengono seppelliti inquinando è di circa 100 milioni di euro (40 euro a tonnellata per 2.5 milioni di tonnellate annue). Se si pensa che, il costo di conferimento da solo è di circa 100 euro a tonnellata, (forse perché non c’è il TMB?), si capisce che i padroni delle discariche rischiano di perdere oltre 200 milioni di euro l’anno. Ovviamente si oppongono in tutti i modi, anche quelli meno leciti, a che dai materiali post-consumo si possano ricavare quelle RISORSE PUBBLICHE (fino a 90-100 milioni/anno), nostre, dei siciliani.
Purtroppo, la politica economica della Sicilia – e non solo! – consiste da troppo tempo nel trasformare risorse pubbliche nel lucro di pochi. Lei, quale politico siciliano di spicco, dovrebbe impegnarsi nel cambiare radicalmente questo stato di cose.
Purtroppo invece Lei rilancia la scellerata idea del governo di costruire due inceneritori in Sicilia con l’aggravante di voler gestire il sistema dei rifiuti attraverso gli strumenti dell’emergenza commissariale come peraltro avvenuto in passato senza alcun risultato, se non quello di alimentare l’emergenza medesima, e quindi l’inefficienza nel settore. Tale soluzione proposta è 1) antiscientifica ed inquinante, 2) contraria alle politiche europee, 3) non consente di uscire dall’emergenza, 4) manifesta sudditanza verso i potentati economici e 5) è contraria perfino al buon senso, come sto per argomentare. Ove volesse organizzare un confronto pubblico su questi temi fra i suoi esperti e la nostra associazione, ci dichiariamo da subito a Sua completa disposizione.
  1. Lei sostiene, riporto testualmente,: “Nessuno ha parlato di inceneritori nel provvedimento del governo Renzi. C’è una programmazione nazionale – finalmente, direi – e si citano testualmente “impianti di recupero energetico”, basati su moderne tecnologie a zero emissioni.” . Ora anche se “Nessuno ha parlato di inceneritori”, di impianti che inceneriscono spazzatura si parla, no? Chiamiamoli, dunque, col loro nome.  E la frase “moderne tecnologie a zero emissioni” è francamente una bufala. Infatti da perito chimico quale Lei è, dovrebbe ricordarsi che Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. Quindi l’incenerimento non trasforma la spazzatura solo in energia, come a volte altri lasciano truffaldinamente intendere, ma in ceneri, scorie, gas serra (CO2), macroinquinanti (SOx, NOx, CO, ecc.), e microinquinanti (diossine, furani, metalli pesanti, polveri sottili ed ultrasottili), cioè emissioni o tossiche, o nocive o climalteranti. Le acque di scarico contengono idrocarburi policiclici aromatici, residui solidi sospesi, diossine e metalli pesanti. Si producono per ogni tonnellata incenerita da 200 a 300 Kg di scorie, cioè rifiuti speciali pericolosi che vanno smaltiti a costi almeno quadrupli in discariche appositamente attrezzate. Inoltre i sistemi di filtraggio più moderni recuperano solo dai 20 a 30 Kg per tonnellata di polveri tossiche (nessuno può o sa efficacemente intercettare nanopolveri o PM2.5), e se anche triplicassero la loro capacità, non intercetterebbero più di 100 Kg. Dove va a finire il resto? Con buona pace delle presunte tecnologie ad emissioni zero, va tutto nella discarica più grande che c’è e solo apparentemente gratuita: l’atmosfera. Cioè l’aria che noi ed i nostri figli vorremmo a buon diritto respirare. E poi nell’acqua che vorremmo bere, e nel terreno che vorremmo coltivare per nutrirci.
  2. L’Europa ci chiede ben altro. I vari organismi europei ci indicano da decenni la strada giusta nella gestione dei materiali post-consumo ed il ruolo strategico del recupero di materie prime seconde (MPS) per il futuro industriale del vecchio continente, fino a suggerire il concetto di economia circolare (ultima Risoluzione del P.E. del 09/07/2015). L’Europa si rende conto di non avere materie prime sufficienti per alimentare il suo imponente sistema industriale, ed è infatti costretta ad importarle. A causa della crescita dei paesi in via di sviluppo, la domanda nel mercato della materie prime è in forte crescita e la competizione è sempre più dura. Pertanto è presumibile che per l’Europa le materie prime scarseggeranno sempre di più, nel prossimo futuro. Così nel lungo termine si delinea lo spettro della crisi da scarsità di risorse (peraltro già iniziata) e persino la desertificazione industriale, con il dilagare della povertà e le conseguenze socio-economiche prevedibili. Ecco che in questo scenario diventa strategico il recupero di materia dai nostri scarti urbani ed industriali, fino a introdurre il divieto di incenerimento e smaltimento dei rifiuti riciclabili e compostabili (cioè tutti!) entro il 2025, nonché pensare alla discarica del futuro come il deposito temporaneo di materia, per “l’estrazione mineraria urbana” (punti 33 e 34 della Risoluzione del P.E. “Un Europa efficiente nell’uso della risorse” del 20/05/2012).
  3. L’iter che porta alla costruzione di un inceneritore potrebbe durare anche oltre un decennio. Sembra di capire dalle notizie circolate che questi due inceneritori avrebbero la capacità di 700.000 ton/anno (2,5 milioni per tutta l’Italia). Ora, non è chiaro cosa ne sarà dell’emergenza rifiuti fino alla loro entrata in funzione, ma quando funzioneranno che ne sarà dei rimanenti 1.800.000 di tonnellate di rifiuti urbani e speciali dei siciliani? Si aggiunga che a parità di costi si potrebbero dotare le discariche illegali siciliane degli impianti di trattamento meccanico biologico (TMB), che metterebbero a norma gli stessi ed eviterebbero le sanzioni europee che il cittadino Pantalone sta pagando (200.000 ogni 6 mesi per ogni discarica illegale, 400.000 ogni sei mesi per ogni discarica illegale dismessa ma non bonificata). Non sono gli ambientalisti ad usare il “Kit dei conservatori”, è la soluzione inceneritori che non può essere venduta come l’uscita della Sicilia dai guai odierni.
  4. L’inceneritore è un grosso affare per chi lo gestisce. Infatti si fa pagare caro (si stima 180 euro/ton) per accettare i rifiuti da bruciare per poi vendere a caro prezzo la poca energia elettrica prodotta (fonti energetiche “assimilate” alle rinnovabili). È uno strano caso italiano, nel quale un imprenditore non acquista la materia prima per le sue produzioni ma si fa pagare per prenderla! E i cittadini pagano ben tre volte questa follia: non incassano il controvalore dei materiali recuperabili, pagano per il conferimento e pagano una maggiorazione delle bollette elettriche per gli incentivi  alla falsa energia rinnovabile. Come si diceva prima, si trasformano risorse pubbliche nel lauto affare di pochi, con la complicità della cattiva politica.
  5. Man a mano che decolla il recupero di materia e si raggiungono percentuali vicine all’85% (consorzio Contarina, a Treviso e provincia, 554.000 persone) i grandi impianti di incenerimento restano “affamati”. È il caso dei grandi inceneritori del Nord Italia (Torino, Parma, Brescia, ecc.), che già oggi operano in perdita. Ma se si prevede che la RD decolli, come si può pensare di costruire questi impianti? Non è forse contro il buon senso?
Ma la cosa più brutta degli inceneritori, On. Faraone, è che concettualmente rientrano nella nostra “cultura dello spreco”, deprecata da Papa Francesco nella sua stupenda lettera enciclica “Laudato si’. Quelle materie prime seconde che vengono trasformate irreversibilmente in ceneri, emissioni e veleni sono un intollerabile spreco; costringono ad un continuo saccheggio delle risorse terrestri, che diminuiscono sempre più velocemente e drammaticamente; alterano il clima e distruggono le biodiversità; per accaparrarcele facciamo persino guerre nei paesi che deprediamo e da cui in milioni fuggono per inseguire il sogno non del benessere ma della semplice sopravvivenza.
Egr. On. Faraone, a favore degli inceneritori non esistono, dunque, motivazioni scientifiche e tecniche, sono contrari a quanto ci chiede l’Europa, non faranno uscire la Sicilia dall’emergenza, favoriscono spregiudicati affaristi e cui la attuale classe politica delega le scelte strategiche di politica economica. È davvero questa la Sicilia che vuole?
Con cordialità e sperando nel rinsavimento della politica siciliana, La saluta

 Beniamino Ginatempo
Presidente di Zero Waste Sicilia

martedì 25 agosto 2015

Rifiuti Sicilia, qualcuno informi Renzi e Crocetta che l’alternativa agli inceneritori e alle discariche è possibile

Inc.  Parma e CTE Archi
Una classe politica di showman  e portatori di interessi privati  insiste a tenere la Sicila, ancora per chissà quanto tempo, sotto scacco dell’emergenza rifiuti e legata a un modello di gestione lineare del ciclo dei rifiuti  basato su discariche e  inceneritori.
L’incenerimento dei rifiuti, più o meno camuffato da recupero energetico, è ciò che l’attuale classe politica e dirigente che ci governa riesce a concepire come soluzione alla mala gestione dei rifiuti.
Invece di dirigere a tutta forza verso l’economia circolare (reimmettendo le risorse contenute nei rifiuti nel ciclo produttivo, evitando così di collocarle in discarica o incenerirle), e puntare sulla riduzione e prevenzione dei rifiuti (anche legiferando per vietare o disincentivare la produzione e la vendita di prodotti non compostabili, riusabili o riciclabili sul nostro territorio), e  mettere in atto (copiare) le migliori strategie e pratiche di cui proprio l’Italia, in alcune aree del Paese, è all’avanguardia nel mondo, i vertici del governo nazionale e regionale si accapigliano su come  incenerire i rifiuti.
Il presidente Renzi  ritiene indispensabile che il Paese si doti di una rete di impianti di incenerimento. Ed è stato già individuato il fabbisogno. La Sicilia presenta, secondo lo schema di decreto del Presidente del Consiglio,  un fabbisogno residuo di incenerimento pari a 699.404 tonn/anno. Due bei inceneritori (350.000 t/anno ciascuno) sono quasi serviti, manca solo il fiocco, la fanfara e il taglio del nastro.  
Il presidente Crocetta è contro gli inceneritori di Renzi, ma non è contro l’incenerimento. Crocetta è per la conversione delle centrali elettriche a css (combustibile solido secondario) e  per i piccoli inceneritori (stufe a pellet di css?).
Prevedere, come soluzione, all’ormai endemica emergenza rifiuti in Sicilia, impianti per l’incenerimento dei rifiuti, che non potranno mai entrare in servizio prima di 5 anni, è un nonsenso. Gli inceneritori  come risposta ad una emergenza, che esploderà a breve, non solo è  insensata e anacronistica, ma totalmente sbagliata perché distruggerà materia prima seconda necessaria come il pane.
La strategia Rifiuti Zero è il modo più veloce ed economico per una soluzione sostenibile della gestione dei rifiuti e per evitare il caos che la saturazione delle discariche provocherà.
Nell’immediato è necessario: organizzare una raccolta  porta a porta di tutte le frazioni di rifiuto in tutti i comuni, con l’individuazione delle utenze e dei volumi; dotare ogni comune di centri comunali di raccolta; introdurre la tariffazione puntuale.
La priorità per la Sicilia  è la realizzazione di impianti di compostaggio per la frazione organica e di trattamento meccanico biologico per il recupero di materia dal residuo secco, le Fabbriche dei Materiali; l’urgenza è quella di mettere in moto un modello di economia circolare, che è già a portata di mano, praticabile a livello economico, tecnologico e ambientale. 
Per piacere, spiegatelo a Renzi e Crocetta.

venerdì 14 agosto 2015

NIENTE EMERGENZA PER COPRIRE LE ILLEGALITA’ E IL MALAFFARE NELLA GESTIONE DEI RIFIUTI. NIENTE INCENERITORI PER RISPETTARE L’AMBIENTE E LA SALUTE DEI SICILIANI

La minaccia di commissariamento del governo siciliano per la gestione dei rifiuti da parte del Governo Renzi e anticipata dall’on. Faraone ci sembra molto discutibile sia dal punto di vista della legittimità che da quello degli effetti pratici che potrebbe sortire. La strumentalità ai fini di una lotta politica interna al PD ci sembra la motivazione più plausibile per comprendere questa minaccia, visto che alcuni mesi orsono lo stesso Governo nazionale rifiutò al Governatore Crocetta la richiesta di una dichiarazione di emergenza da gestire da parte del Governatore siciliano.
Da sempre Zero Waste Sicilia, così come tutto il mondo ambientalista, è stata contraria a ogni dichiarazione di emergenza quale strumento per risolvere la questione della gestione dei rifiuti in Sicilia. Dieci anni di dichiarazioni di emergenza regionale non hanno fatto avvicinare la Sicilia alla soluzione dei problemi, ma hanno invece consolidato le cattive pratiche tese a non applicare le leggi in materia ambientale e le forme più avanzate, ambientalmente e economicamente, di gestione dei rifiuti.
A questa minaccia  si sovrappone quella della costruzione di due inceneritori il cui peso ambientale e finanziario si intende riversare in maniera assolutamente antidemocratica sulla popolazione isolana.
Mentre tutta l’Europa ha fatto e fa grandi passi avanti verso l’economia circolare basata sul recupero di materie prime dai rifiuti, e mentre la Sicilia resta, in questo campo, ultima in Italia, gli “esperti” del Governo nazionale ripropongono la soluzione peggiore soprattutto se traguardata al futuro .
Le esperienze nazionali ed europee ci mostrano un’infinità di buone pratiche e di soluzioni impiantistiche da emulare. Il Governatore Crocetta, così come il Governo nazionale, diano ai Siciliani le soluzioni più avanzate ambientalmente, socialmente ed economicamente e releghino gli inceneritori tra le curiosità di un museo di archeologia industriale

sabato 8 agosto 2015

Osservazioni al Piano di intervento dell'A.R.O. Milazzo

In Sicilia il 90% dei rifiuti finisce, tutt’ora, in discarica. Basse percentuali di raccolta differenziata (a Milazzo siamo sotto il 5%) hanno saturato la maggior parte delle discariche in esercizio e i rifiuti vengono “abbancati” fuori “colmatura”. È facilmente prevedibile che tra pochi mesi ciò provocherà il caos. Oltre al danno ambientale c’è il danno economico dell’aumento della tariffa rifiuti che inciderà pesantemente sui bilanci delle famiglie. Come affrontare questa emergenza e questo  inaccettabile e costoso spreco di risorse che non ha giustificazioni? Occorre, innanzitutto, una nuova politica di gestione dei rifiuti con al centro la strategia Rifiuti Zero. Una politica che consenta il rafforzamento della filiera del recupero di materia e che incentivi l’utilizzo dei materiali provenienti dal recupero.
Il Piano di intervento dell’Aro Milazzo (ancora in attesa di approvazione da parte del competente Assessorato regionale) pur prevedendo la raccolta domiciliare porta a porta, l’individuazione delle utenze e del volume dei rifiuti conferiti e la rimozione dei cassonetti stradali - tutte azioni fondamentali per raggiungere gli obiettivi di raccolta differenziata previsti dalla leggi, ma soprattutto dal buonsenso - avrebbe dovuto prevedere, in modo dettagliato, anche una serie di pratiche, interventi di prevenzione e riduzione dei rifiuti ed azioni per iniziare a modificare, nella direzione della sostenibilità e della responsabilità, il nostro modello di consumo, il modo di progettare, produrre, distribuire e commercializzare beni e prodotti.
Le Osservazioni al Piano di intervento dell’Aro Milazzo (clicca QUI per leggere il documento) esprimono il parere del Circolo Zero Waste Sicilia di Milazzo e rappresentano l’occasione per una riflessione, un  approfondimento e verifica dei contenuti del piano. Il documento mette al centro dell’attenzione la complessa questione della gestione dei rifiuti e i punti qualificanti di una buona organizzazione. Una buona organizzazione non può prescindere dal coinvolgimento dei cittadini, dalla conoscenza dei luoghi, delle abitudini delle persone e dagli aspetti tecnici e normativi, dalle competenze, dalla disponibilità di risorse, dall'attivazione di buone pratiche.