lunedì 24 ottobre 2016

Una lettura ecologista della riforma costituzionale

Di seguito l'editoriale scritto a quattro mani da Marica Di Pierri dell'Associazione A Sud e Stefano Kenji Iannillo dell'Esecutivo Nazionale Rete della Conoscenza che analizza i opotenziali impatti della revisione del Titolo V della Costituzione prevista dalla riforma costituzionale sulle esigenze di tutela territoriale emergenti da nord a sud del paese contro fattori di rischio ambientale e sanitario.

REFERENDUM COSTITUZIONALE
Il si al referendum è una minaccia per la tenuta democratica del paese: con la riforma del titolo V via libera allo sfruttamento selvaggio dei territori
Marica Di Pirri - Associazione A Sud
Stefano Kenji Iannillo - Rete della Conoscenza
su HFFINGTON POST del 21 ottobre 2016

Partiamo da un presupposto: il consolidamento della post-democrazia di cui parlava Crouch ha bisogno di riforme costituzionali come quella che saremo chiamati a votare (o meglio a sventare) il 4 dicembre. Il disegno sotteso alla riforma - propagandata come al di sopra del bene e del male, buona di per sé, come se dopo anni di tentativi andati a vuoto il solo concetto fosse salvifico e non ne importasse il carattere migliorativo o peggiorativo - mira alla consacrazione di un sistema politico in cui, invece che restituire sovranità al popolo cui apparterrebbe, si fa il possibile per concentrarla sempre più verso l'alto. Vale la pena ricordare che il colosso finanziario JP Morgan affermava nel 2013 che le costituzioni antifasciste - ispirate ai diritti e all'allargamento della base democratica - sono una zavorra per la crescita e vanno profondamente modificate.
L'indicazione giunta al governo dalle istituzioni finanziarie riguarda dunque la creazione delle condizioni di piena esigibilità per le richieste del mercato: necessarie riforme economiche, necessarie grandi opere, necessario sfruttamento delle risorse naturali, necessari tagli ai diritti sociali e al welfare. Il risultato atteso è legittimare la delega dell'intero esercizio deliberativo ad organismi sempre meno rappresentativi dell'interesse collettivo. La ricetta è lineare: svuotamento dei luoghi della rappresentanza, rarefazione dei centri di potere e corsa a verticalizzarne i meccanismi di decisione tramite maggiori poteri all'esecutivo, la camera politica unica e la nuova legge elettorale che la determinerà, le nuove tipologie di procedimenti legislativi che scavalcano le istituzioni di prossimità. 

sabato 15 ottobre 2016

Movida a Palermo, intervenga la Magistratura

Nella edizione di Palermo del quotidiano La Repubblica di oggi, sabato 15 ottobre 2016, è uscito un articolo di Sara Scarafia dal titolo “Movida selvaggia i controlli sono un flop baccano fino a notte”.
In sintesi Polizia Municipale, Polizia di Stato e Carabinieri (forse, non sono citati) a fronte delle continue richieste di intervento dei residenti disturbati (400 esposti al mese giungono al Comune), affermano che <<Noi cerchiamo di intervenire spesso>> ma è inutile perché non avendo fonometri né tecnici in acustica non possiamo rilevare se i decibel siano o meno nei limiti. E, stando a quanto hanno dichiarato alcuni cittadini <<la Polizia ci dice che non può intervenire e ci dirotta al centralino della polizia municipale che ci dice che senza l’Arpa non può intervenire>>.
Il pezzo contiene gravi notizie di reato che riguardano: i titolare degli esercizi pubblici che non rispettano i limiti di legge; il Comune che ai sensi della legge quadro sull’inquinamento acustico 26 ottobre 1995, n. 447 ha il compito di rilasciare le autorizzazioni, effettuare i controlli, applicare sanzioni, e soprattutto emanare provvedimenti (motivati) per il contenimento o l’abbattimento delle emissione sonore, inclusa l’inibitoria parziale o totale di determinate attività; le Forse dell’Ordine (Polizia Municipale, Polizia di Stato e Carabinieri), le quali, quando chiamate dai cittadini che denunciano reati, agiscono come Ufficiali di Polizia Giudiziaria e sono tenute, constatato con le loro orecchie che la musica è udibile all’esterno del locale, a intimare di abbassare la musica, eventualmente bloccare le emissioni sonore, sequestrare le attrezzature, elevare verbale e denunciare l’accaduto alla Magistratura. La Polizia Giudiziaria anche di sua iniziativa, deve prendere notizia dei reati, compiere atti necessari per assicurare le fonti di prova, impedire che i reati vengano portati a conseguenze ulteriori (attività repressiva). La Procura della Repubblica di Palermo ha il dovere, in base a questa notizia,  di aprire un procedimento penale per accertare le eventuali responsabilità penali di tutte le parti coinvolte.

È una favola ritenere che sia necessario un fonometro per inibire ad un esercizio pubblico di continuare a disturbare. È come se un Agente di Polizia Municipale fermasse un automobilista contestandogli  di avere effettuato un sorpasso in curva,  ma non gli può elevare verbale perché non ha fatto la foto del sorpasso. La perizia fonometrica, chiunque la faccia basta che sia tecnico competente in acustica iscritto all’albo, serve non per elevare le multe o impedire per quella notte la continuazione del disturbo, ma per l’emanazione da parte del Sindaco di una Ordinanza Sindacale contingibile e urgente con la quale ordina il rientro delle emissione sonore entro i limiti di legge e di predisporre e trasmette al comune il piano di bonifica, senza il quale non è più possibile per l’esercizio pubblico continuare le attività musicali. Consiglio ai cittadini di Palermo che continuano a subire attentati alla loro salute, che è messa gravemente in pericolo dai rumori intollerabili, di denunciare alla Magistratura il Comune e le Forze dell’Ordine. Se la Magistratura non si attiva per rinviare a giudizio  i responsabili di reati, di denunciare anche lei. Basta tollerare abusi e illegalità. È tempo che anche i Magistrati capiscano che bisogna cambiare musica.

martedì 11 ottobre 2016

A2A, inceneritore di San Filippo del Mela. Controdeduzioni farlocche e offensive

Edipower S.p.a.,  ora chiamata A2AEnergiefuture, nell’ambito della procedura autorizzativa dell’impianto di “valorizzazione energetica del CSS di San Filippo del Mela” ha inviato al Ministero dell’Ambiente un nuovo documento, pubblicato il 4 ottobre 2016, con le  controdeduzioni alle osservazioni effettuate dal pubblico.
In un post su questo blog dal titolo: “Inceneritore del Mela, Edipower ha presentato le controdeduzioni alla osservazioni del pubblico” abbiamo chiesto che anche le Osservazioni sottoscritte da 26 cittadine e cittadini fossero prese in considerazione da A2A.
Nel nuovo documento, in sostanza, ci sono le stesse controdeduzioni del 17 maggio 2016 con l’inserimento  per ciascuna osservazione anche dell’identificativo delle  Osservazioni n.7, che in occasione delle precedenti controdeduzioni erano state etichettate come “osservazioni non leggibili”. Ciò ha comportato la necessità per A2A di rispondere specificamente al alcune osservazioni poste dai cittadini che hanno sottoscritto il documento.  Così, le pagine totali del documento da 58 sono diventate 60 e le Controdeduzioni da 77 sono diventate 79.
Riportiamo queste due specifiche Controdeduzioni (CD78 e CD79) e le relative Osservazioni in modo che chi legge possa farsi una propria opinione. Per ogni Controdeduzione/Osservazione segue un commento. Il testo tratto dalle Controdeduzioni è di colore arancione scuro; il testo tratto dalle osservazioni è di colore blu scuro.
CD78 - Argomento: Recupero materiali ferrosiSintesi osservazioni: gli osservanti affermano la sostanziale assenza di Materiali Ferrosi nel CSS
Controdeduzione - L’esperienza operativa della Società proponente permette di affermare la presenza di materiali ferrosi recuperabili nelle scorie di combustione del CSS. Allo stato il quantitativo non è stimabile, in quanto dipende dal ciclo di produzione del CSS
Osservazione - Quarta motivazione – “consentire il recupero delle parti ferrose contenute nei residui di combustioni mediante integrazione di un ulteriore recupero di materia nel processo di valorizzazione del CSS
Il CSS non dovrebbe contenere parti ferrose. Se il progetto sarà autorizzato, EDIPOWER non potrà bruciare il residuo secco tal quale, che sicuramente conterrebbe parti ferrose. Il CSS è il prodotto di un processo di trattamento meccanico biologico della frazione secca dei rifiuti. Le eventuali parti ferrose contenute nei residui di combustione del CSS si possono ritenere tracce e dunque non significative dal punto di vista del recupero di materia. Il recupero delle parti ferrose prospettato dal proponente è un artificio per far credere ad un ulteriore recupero di materia. In ogni caso, tale recupero non è quantificato (stimato) nel progetto in esame. La combustione del CSS produrrà scorie che finiranno per la maggior parte in discariche speciali con alti costi di smaltimento. Nel progetto non sono specificate le destinazioni di tali residui.

Commento - Nella osservazione non si metteva in discussione l'esistenza di parte ferrose, ma che queste non sarebbero state quantitativamente significative. Appare poco credibile che con la vantata "esperienza operativa della Società proponente" non sia stato possibile stimare il quantitativo medio di materiali ferrosi recuperabili. A2A avrebbe potuto portare l'esperienza di Brescia e Acerra, giusto per fare una stima su esempi reali, avvertendo che la stima del materiale ferroso recuperabile a San Filippo del Mela sarebbe dipeso dallo specifico ciclo di produzione del CSS.

CD79 – Argomento: Incenerimento contro raccolta differenziata – Sintesi osservazione: Gli osservanti contestano l’integrazione virtuosa tra raccolta differenziata e valorizzazione energetica
Controdeduzione - “Gli osservanti sposano teorie, smentite dai fatti, circa la possibilità di riciclo totale dei rifiuti. In realtà un sistema equilibrato di gestione di rifiuti integra virtuosamente le varie opzioni per offrire un servizio sostenibile a livello economico che ambientale ai propri cittadini. La raccolta differenziata è un elemento fondamentale di un corretto ciclo dei rifiuti così come lo è la valorizzazione energetica dei rifiuti non recuperabili. Il furore ideologico degli osservanti non ha limiti, fino a tacciare di falsità una citazione del Rapporto Rifiuti Urbani Edizione 2015 di ISPRA, sicuramente non un ente di parte, quando rileva i casi virtuosi di regioni italiane ai vertici sia per raccolta differenziata che per la valorizzazione energetica dei rifiuti.
Tale tendenza è confermata a livello europeo. Come riportato nel medesimo rapporto i paesi del nord Europa come la Germania, Svezia, Belgio, Paesi Bassi e Danimarca, che evidenziano ridottissimi ricorsi alla discarica per lo smaltimento dei rifiuti urbani (dal 2% della Danimarca a meno dell’1% della Germania), sono quelli dove il recupero di materiali dalla raccolta differenziata è più elevato (Germania 47%, Svezia 34%, Paesi bassi 24%, Danimarca 28%) sono quelli dove la valorizzazione energetica dei rifiuti evidenzia i tassi più alti (Germania 35%, Svezia 50%, Belgio 44%, Paesi Bassi 49%, Danimarca 54%).
Ciò mostra una volta di più che solo un corretto, equilibrato e completo ciclo di smaltimento dei rifiuti, che sviluppi tutte le possibili opzioni e non si limiti a proclami demagogici sul completo recupero dei rifiuti permette di superare la discarica come unico sistema di smaltimento dei rifiuti. Purtroppo in Italia ancora il 31% dei rifiuti viene smaltito in discarica e l’84% in Sicilia.

Osservazione - Con riferimento alla pianificazione nazionale (pag. 13 relazione SIA), il proponente cita diverse volte il D.Lgs 152/06 asserendo che il progetto è stato sviluppato nel rispetto dei requisiti richiesti dalla normativa nazionale. Riguardo alla priorità nella gestione dei rifiuti il proponente elenca nell’ordine quanto previsto dal citato decreto legislativo, “mettendo al primo posto la prevenzione (a), successivamente la preparazione per il riutilizzo (b), ed il riciclaggio (c), quindi il recupero, per esempio il recupero di energia (d), ed in ultima istanza lo smaltimento (e).” Il proponente continua la sua enunciazione aggiungendo che “Al riguardo”, riferendosi al recupero di energia,  quanto pubblicato nel Rapporto Rifiuti Urbani Edizione 2014 – Dati di sintesi da cui emerge come dai dati raccolti a livello nazionale, l’incenerimento non determina un disincentivo alla raccolta differenziata, come risulta evidente per alcune regioni quali la Lombardia, Emilia Romagna e Sardegna. In queste regioni, infatti, a fronte di percentuali di incenerimento pari rispettivamente al 46%, al 33% ed al 17% del totale dei rifiuti prodotti, la RD raggiunge valori elevati (rispettivamente al 53%, per le prime due e 51% per la Sardegna). Come dimostrato da esempi virtuosi presenti sul territorio nazionale quindi il progetto proposto, che consente la valorizzazione energetica dei rifiuti, non si pone come soluzione sostitutiva della raccolta differenziata, bensì come ulteriore strumento per conseguire gli obiettivi di autosufficienza e limitare il conferimento in discarica”.
Non si capisce il perché di questa lettura dei dati ISPRA falsa(ta)  da parte del proponente. Non sono mendaci i dati riportati ma le deduzioni che di essi si fa. I dati, in modo fin troppo evidente, indicano non solo che gli esempi riportati sono per nulla virtuosi, ma dimostrano, inequivocabilmente, che l’incenerimento sottrae materia alla raccolta differenziata. A tal proposito, in primis, c’è da ricordare che proprio il decreto legislativo sopra citato ha previsto il raggiungimento del 65% di RD nel 2012. È del tutto evidente che gli esempi riportati non sono virtuosi in quanto tutti al di sotto della soglia minima di RD prevista. Non si può prendere come riferimento la Sicilia per dare patenti di virtuosità. Come si fa ad affermare che “la RD raggiunge valori elevati” se essa è bene al di sotto delle soglie minime? Come sarebbero definiti dal proponente gli esempi virtuosi veri, che in alcune realtà arrivano e superano l’80% di RD (es. Provincia di Treviso 81,9% di RD – Dati ISPRA 2015). Come si fa a non capire che incenerire il 46% del rifiuto indifferenziato è una bestialità mostruosa, che andrebbe perseguita penalmente, perché si incenerisce almeno un 30-35% di materia che potrebbe e dovrebbe essere recuperata e rimessa in circolo. Come si fa a non capire che la Lombardia incenerendo il 46% dei rifiuti ha gettato via materie preziose provocando danno economico e ambientale e occupazionale ai suoi cittadini.

Commento: A2A continua la sua opera di mistificazione e arriva ad insultare dei semplici cittadini, per la sola ragione che hanno criticato alcune asserzioni farlocche contenute nella Relazione, argomentando con le armi della logica, del buonsenso e la forza dei numeri. È disdicevole, perché non vera e offensiva, l’affermazione di A2A, “Il furore ideologico degli osservanti non ha limiti, fino a tacciare di falsità una citazione del Rapporto Rifiuti Urbani Edizione 2015 di ISPRA"e l'affermazione "Gli osservanti sposano teorie, smentite dai fatti, circa la possibilità di riciclo totale dei rifiuti". Meschine mistificazioni di A2A. Nelle osservazioni n.7 non si sposano "teorie smentite dai fatt" nè si parla di "riciclo totale dei rifiuti". Tuttavia, a differenza di A2A, noi riteniamo il futuro debba necessariamente essere indirizzato verso una economia circolare che consenta quanto più possibile il recupero di materia dai material post-consumo."Rifiuti zero più che una destinazione è un viaggio" (Enzo Favoino).
Gli osservanti non hanno alcun furore ideologico tant’è che in premessa hanno scritto: “Pur essendo contrari alla pratica dell’incenerimento dei rifiuti per le anzidette motivazioni riteniamo che una visione moderna e pragmatica del trattamento dei rifiuti debba individuare quando l’incenerimento è preferibile alla discarica come sistema di smaltimento”. A2A distorce la realtà di ciò che è stato scritto nelle Osservazioni. Questo è tanto grave quanto puerile.
Gli osservanti non hanno tacciato di falsità la citazione del Rapporto Ispra 2015. Infatti hanno scritto: “Non sono mendaci i dati riportati ma le deduzioni che di essi si fa.”. Le deduzioni fatte da A2A e da chiunque le abbia fatte.
L'illustrazione di A2A su come i Paesi europei elencati nelle controdeduzione, sono virtuosi è smentita dai loro stessi numeri, come spiegato nell'osservazione oggetto del presente commento. Pertanto, è inutile ripetersi. Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire.

L'attività di A2A
In Italia nel 2014 sono stati prodotti 29.655.250 tonnellate di rifiuti. I 3,3 milioni di rifiuti trattati negli impianti (impianti di incenerimento e discariche) del gruppo A2A sono l'11% del totale dei rifiuti prodotti in Italia, cioè quanto quelli prodotti in Sicilia (2.349.219) e Calabria (941.825). La raccolta e la gestione dei rifiuti urbani di A2A è di 1,2 milioni di tonnellate ovvero il 4% del totale dei rifiuti prodotti in Italia. Invece di attrezzarsi per una gestione integrata del ciclo dei rifiuti che abbia come obiettivo il raggiungimento dell'80-90% di raccolta differenziata e la gestione dell'impiantistica necessaria alla realizzazione di una economia circolare, che recupera materia e non la distrugge bruciandola, A2A ha come esclusivo obiettivo l'incenerimento dei rifiuti con recupero energetico. La ragione è semplice: incenerire i rifiuti è più remunerativo dello spaccio della droga.
In Lombardia dove principalmente opera A2A la raccolta differenziata si attesta al 56,3%. Questo dimostra che come gestori del ciclo dei rifiuti non sono stati in grado di organizzare una raccolta che consentisse di raggiungere il minimo previsto dalle attuali norme, il 65%  (Varese 63,9 - Milano 54,2 - Brescia 53,6 - Bergamo 60%). Sempre in Lombardia a Mantova la RD è al 76,5% ma non gestisce A2A, fortunatamente per i mantovani.
Un esempio di come può funzionare una gestione virtuosa del ciclo dei rifiuti (senza scomodare i fautori del riciclo totale) è dato dai tre Consorzi, tra cui Contarina, che operano nella provincia di Treviso, in un bacino di oltre 887.000 abitanti, dove sono state raggiunte percentuali di RD pari al 81,9% (Dati Ispra 2015).
A pensar male, si potrebbe ipotizzare che, dove A2A ha l'affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti, lo gestisce male di proposito, per foraggiare gli inceneritori che gestisce.