L’inceneritore non ha una sola ragione valida che
ne giustifichi la realizzazione. È una termo-bugia l’assicurazione della salvaguardia
dell’occupazione (diretta e indotta) prospetata da Edipower. Se invece di
proporre un impianto di incenerimento Edipower avesse proposto un impianto di
digestione anaerobica per il trattamento della frazione organica dei rifiuti,
che consente di abbinare il recupero di materia al recupero di energia, questo
avrebbe consentito di creare o
salvaguardare più posti di lavoro. Secondo l’istituto di ricerca Merian
Research, riciclare la componente organica dei rifiuti rispetto
all’incenerimento crea più posti di lavoro, comporta minori costi per la
realizzazione degli impianti, minori costi di conferimento e nessun onere per
lo smaltimento dei residui.
L’istituto ha messo a confronto due imprese del
ciclo dei rifiuti, una che gestisce un impianto di “termovalorizzazione” di
nuova costruzione e una che cura un impianto di compostaggio e digestione
anaerobica. I numeri parlano chiaro: ad ogni occupato nell’impianto di
incenerimento corrispondono tre occupati in quello di compostaggio. Inoltre, il
costo per ogni tonnellata di rifiuti da parte delle amministrazioni locali è di
103 euro per l’incenerimento e di 83 euro per il compostaggio.
Oltre al trattamento della frazione organica, sarebbero
necessari impianti di valorizzazione del rifiuto riciclabile e impianti per il
recupero di materia dal rifiuto secco non riciclabile. Le cosiddette Fabbriche
dei Materiali. Anche queste garantirebbero nuova occupazione.
Un rapporto firmato da Symbola e Kinexia, “Waste
End economia circolare, nuova frontiera del made in Italy”, spiega che non
servono nuovi termovalorizzatori: con misure realizzabili in 5 anni l’Italia
potrebbe ridurre di due terzi i rifiuti da avviare a discarica, raddoppiare la
raccolta differenziata e ridurre drasticamente discariche e inceneritori
esistenti. Una rivoluzione che porterebbe nuove imprese e nuova occupazione:
circa 22.000 occupati in più. Nel settore del riutilizzo si genererebbero fino
a 10.500 nuovi occupati. Lo sviluppo del riciclo determinerebbe una crescita di
12.000 occupati rispetto alla situazione attuale. Una rivoluzione che
converrebbe all’ambiente, meno risorse utilizzate e meno emissioni, alla
filiera del recupero, alla manifattura, ma anche ai cittadini con una riduzione
di circa il 20% del costo di gestione dei rifiuti.
Edipower invece di portare come esempi virtuosi quelli della Provincia di Treviso che è
arrivata a percentuali di raccolta differenziata dell’81.9% (dati ISPRA 2015) e
fa a meno dell’incenerimento pur essendo un’area estremamente produttiva e
industrializzata, per far credere che l’incenerimento non determina un
disincentivo alla raccolta differenziata, porta ad esempio tre regioni tra cui la Lombardia dove l’incenerimento
è pari al 46% e la RD al 53%, non rendendosi conto (forse) che la RD è ben al di sotto dalla soglia minima del 65% prevista dale norme e che incenerire il 46%
di rifiuto indifferenziato significa gettare via materie preziose e provocare
danno economico, ambientale e occupazionale.
Nella malaugurata ipotesi che il "termo-distruttore" venisse costruito e messo in esercizio sarebbe destinato al fallimento, perché
sovradimensionato e anacronistico. È strano che i sindacati, che dovrebbero
rappresentare i lavoratori, non si siano resi conto che l'inceneritore è un impianto senza futuro e non abbiamo chiesto altre soluzioni per la
salvaguardia dei livelli occupazionali e per un lavoro sostenibile e duraturo.
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