giovedì 14 gennaio 2016

L'imbroglio del termodistruttore

L’inceneritore non ha una sola ragione valida che ne giustifichi la realizzazione. È una termo-bugia l’assicurazione della salvaguardia dell’occupazione (diretta e indotta) prospetata da Edipower. Se invece di proporre un impianto di incenerimento Edipower avesse proposto un impianto di digestione anaerobica per il trattamento della frazione organica dei rifiuti, che consente di abbinare il recupero di materia al recupero di energia, questo avrebbe consentito di creare  o salvaguardare più posti di lavoro. Secondo l’istituto di ricerca Merian Research, riciclare la componente organica dei rifiuti rispetto all’incenerimento crea più posti di lavoro, comporta minori costi per la realizzazione degli impianti, minori costi di conferimento e nessun onere per lo smaltimento dei residui.
L’istituto ha messo a confronto due imprese del ciclo dei rifiuti, una che gestisce un impianto di “termovalorizzazione” di nuova costruzione e una che cura un impianto di compostaggio e digestione anaerobica. I numeri parlano chiaro: ad ogni occupato nell’impianto di incenerimento corrispondono tre occupati in quello di compostaggio. Inoltre, il costo per ogni tonnellata di rifiuti da parte delle amministrazioni locali è di 103 euro per l’incenerimento e di 83 euro per il compostaggio.
Oltre al trattamento della frazione organica, sarebbero necessari impianti di valorizzazione del rifiuto riciclabile e impianti per il recupero di materia dal rifiuto secco non riciclabile. Le cosiddette Fabbriche dei Materiali. Anche queste garantirebbero nuova occupazione.
Un rapporto firmato da Symbola e Kinexia, “Waste End economia circolare, nuova frontiera del made in Italy”, spiega che non servono nuovi termovalorizzatori: con misure realizzabili in 5 anni l’Italia potrebbe ridurre di due terzi i rifiuti da avviare a discarica, raddoppiare la raccolta differenziata e ridurre drasticamente discariche e inceneritori esistenti. Una rivoluzione che porterebbe nuove imprese e nuova occupazione: circa 22.000 occupati in più. Nel settore del riutilizzo si genererebbero fino a 10.500 nuovi occupati. Lo sviluppo del riciclo determinerebbe una crescita di 12.000 occupati rispetto alla situazione attuale. Una rivoluzione che converrebbe all’ambiente, meno risorse utilizzate e meno emissioni, alla filiera del recupero, alla manifattura, ma anche ai cittadini con una riduzione di circa il 20% del costo di gestione dei rifiuti.
Edipower invece di portare come esempi virtuosi quelli della Provincia di Treviso che è arrivata a percentuali di raccolta differenziata dell’81.9% (dati ISPRA 2015) e fa a meno dell’incenerimento pur essendo un’area estremamente produttiva e industrializzata, per far credere che l’incenerimento non determina un disincentivo alla raccolta differenziata, porta ad esempio tre regioni tra cui la Lombardia dove l’incenerimento è pari al 46% e la RD al 53%, non rendendosi conto (forse) che la RD è ben al di sotto dalla soglia minima del 65% prevista dale norme e che incenerire il 46% di rifiuto indifferenziato significa gettare via materie preziose e provocare danno economico, ambientale e occupazionale.
Nella malaugurata ipotesi che il "termo-distruttore" venisse costruito e messo in esercizio sarebbe destinato al fallimento, perché sovradimensionato e anacronistico. È strano che i sindacati, che dovrebbero rappresentare i lavoratori, non si siano resi conto che l'inceneritore è un impianto senza futuro e non abbiamo chiesto altre soluzioni per la salvaguardia dei livelli occupazionali e per un lavoro sostenibile e duraturo.



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