C’è qualcosa di più dirompente
della mafia (delle cosche mafiose) per il tessuto sociale di un Paese. È la mentalità
mafiosa. La cultura mafiosa è terreno fertile per la criminalità organizzata
e per la cattiva politica. La mafiosità si manifesta con la negazione delle
regole sociali a cominciare dal non rispettare le strisce pedonali, nel parcheggiare in doppia fila, nello
gettare rifiuti in strada e in altri luoghi pubblici, nel non rispettare la
fila, nel non rilasciare e
richiedere lo scontrino, nel non pagare le tasse, nel non fare la raccolta
differenziata dei rifiuti, nel chiedere la raccomandazione, nell’agevolare
alcuni a scapito di altri, nel non fare al meglio il proprio lavoro, nel non
rispettare le leggi e i diritti delle persone, nel non rispettare i doveri, nel non far rispettare le leggi.
La mafiosità è un atteggiamento mentale alimentato
dall’assenza di senso civico. La mafiosità è la protervia e la
pervicacia del prepotente; la collusione tra politica e malaffare; la vessazione sulle
persone più deboli; il voto di scambio; l’ignavia
dell’impiegato, del funzionario pubblico o del burocrate, di chi non fa il proprio dovere, non rispetta e non fa
rispettare le leggi. Anche chi è testimone reticente e sta zitto o nasconde o
minimizza è mafioso perché diventa esso stesso complice di chi delinque e lo
rende immune (non punibile). Non bisogna essere affiliati alla mafia per essere mafiosi. Sono
i comportamenti, il sentire, che determinano la mafiosità di una
persona, di un gruppo o d’una intera società. Fortunatamente, ci sono ancora tantissime persone libere e
sane nella società e nelle istituzioni del nostro Paese. Ed è su sull’esempio di
queste persone e di quelle che hanno combattuto a viso aperto contro tutte le
mafie, a rischio della loro stessa vita, che dobbiamo trovare la forza di
resistere e impegnarci per essere, soprattutto, d'esempio alle nuove generazioni.
“La lotta alla mafia, il primo problema da risolvere nella nostra terra
bellissima e disgraziata, non doveva essere soltanto una distaccata opera di
repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti e
specialmente le giovani generazioni, le più adatte proprio perché meno
appesantite dai condizionamenti e dai ragionamenti utilitaristici che fanno
accettare la convivenza col male, le più adatte cioè queste giovani generazioni,
a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il
puzzo del compromesso morale, della indifferenza, della contiguità e quindi
della complicità.”
Paolo Borsellino, 20 Giugno 1992
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