Felicità, condivisione/cooperazione e governance
Cultura, partiamo
dall'etimologia e dalla sua valenza semantica. Etimologicamente cultura
proviene da coltivare soprattutto se viene riferito al territorio e, sul
piano semantico, se riferito all'uomo esso esprime anche la cura necessaria
per sviluppare il sistema di valori che una cultura racchiude.
Siamo entrati nella
“crowd-age”. Si parla di crowdsourcing e crowdfunding. Anche per dare
risposte ai problemi della collettività occorre coinvolgere sempre di più le
persone, i cittadini, le associazioni, le imprese e mettere tutti a spingere
nella stessa direzione, la direzione della governance
Il principale patrimonio
culturale da conservare, tutelare e sviluppare sono le persone. Occorre
consentire alle persone di coltivare sé stesse e occorre consentire loro di
prendersi cura delle altre persone e dei beni comuni. Perché da questo può
dipendere la felicità pubblica e privata.
La felicità privata dipende dalla felicità pubblica
La felicità della persona dipende dallo
"stare bene" delle persone all'interno di una società. E lo
"stare bene" o benessere individuale non dipende esclusivamente da
condizioni materiali. Amartya Sen ha spiegato come la condizione di non
benessere e disagio si determini ogni qualvolta sia negata alla persona la
libertà di svilupparsi pienamente, affermando la propria dignità e
valorizzando i propri talenti. Passando da una concezione redistributiva ad
una procedurale del principio di eguaglianza, diventa chiara la missione
costituzionale dei poteri pubblici (art. 3, comma 2, Cost.): promuovere le
condizioni affinché i cittadini, soprattutto quelli di più giovane età,
possano liberamente ed individualmente scegliere come coltivare la propria
personalità, i propri talenti per contribuire al "progresso materiale e
spirituale della società" (art. 4, comma 2, Cost.). E mettere in
condizione le persone di sviluppare le proprie capacità consentendo loro di
esercitare la libertà solidale e responsabile di curare, proteggere e
conservare, per tutta la comunità e le generazioni future, i beni comuni
(art. 118, comma 4, Cost.) può contribuire a realizzare quella
"fioritura della persona" che per Sen costituisce il vero fulcro
della felicità, l'unico valore da misurare per saggiare il reale benessere di
una comunità.
La felicità privata quindi dipende dalla
felicità pubblica e dalla possibilità delle persone di poter contribuire alla
seconda. Albert Otto Hirschman direbbe che siamo entrati in un ciclo in cui
le persone sono pronte a impegnarsi per la felicità pubblica perché hanno
capito l'incidenza che essa ha sulla felicità privata. Siamo legati da un
destino comune, aggiungerebbe Calamandrei. Si progredisce solo insieme, ci si
salva solo insieme. Ripristinare le relazioni solidali orizzontali tra le
persone e la capacità di cooperare delle persone sono gli ingredienti sui
quali i poteri pubblici devono investire per adeguare il proprio ruolo alle
sfide del XXI secolo. Siamo nell'età della diffusione delle conoscenze e
delle competenze, mentre l'amministrazione attuale è stata concepita
nell'Ottocento come una piattaforma chiusa ed elitaria in cui concentrare
competenze e conoscenze. Oggi deve diventare una piattaforma aperta che offre
gli strumenti e le opportunità alle persone e alla società di dare risposte
mettendo a fattor comune le competenze e conoscenze individuali.
Politiche culturali di co-produzione e governance
Fare politiche culturali oggi significa poi
integrare politiche pubbliche diverse (i.e. servizi pubblici, urbanistica,
periferie, integrazione, coesione sociale, formazione anche professionale) e
utilizzare tecniche di co-produzione e governance.
Bisogna abbandonare la visione solipsistica e a
canne d'organo delle politiche pubbliche, soprattutto di quelle urbane. I
bisogni delle persone richiedono risposte integrate e complete, centrate sul
mutuo soccorso. Servono luoghi, laboratori dove questa integrazione può
avvenire e le persone possono incontrarsi per conoscersi, collaborare e
cooperare.
Ad esempio, a Malmö l'ammnistrazione intende
lanciare con la collaborazione di operatori privati un progetto di restauro e
riqualificazione di edifici costruiti negli anni Settanta. La città intende
lavorare con processi bottom-up e di empowerment dei cittadini. Fra le varie
azioni si metterà in piedi un "atelier" incentrato su
riqualificazione edilizia e acquisizione di conoscenze e competenze per
immigrati che non conoscono ancora la lingua e disoccupati di lungo termine,
visto che questi edifici sono in zone "difficili" della città. A
Malmö sono già operativi due "living labs" Fabriken
the Factory dove le persone imparano arti e mestieri e Fabriken The Neighborhood che si occupa più nello
specifico di servizi e manutenzione per il quartiere.
Amministrare in modo orizzontale, paritario e aperto
Bisogna quindi puntare sulla creazione di
laboratori di co-design e su processi di co-produzione dove si cerca di
progettare e costruire nuovi servizi e prodotti facilitando la collaborazione
tra cittadini, NGOs, aziende, istituzioni pubbliche e università. Una
politica culturale di nuovo conio deve dunque partire da iniziative bottom-up
e cercare di capire come supportarle e renderle sostenibili a lungo termine
lavorando assieme ad altre istituzioni, aziende, non profit.
Per realizzare tutto questo, le istituzioni
devono rinunciare al monopolio della cura dell'interesse generale e accettare
l'idea che devono allearsi con la società, in tutte le sue articolazioni.
Occorre introdurre nel dibattito pubblico relativo alla tutela, gestione e manutenzione
dei beni culturali in Italia principi, strumenti e modelli organizzativi
ispirati a tecniche di governance.
Al contrario delle tecniche di government, le
tecniche di governance sono caratterizzate da paritarietà, orizzontalità e
apertura verso comunità territoriali e società civile locale. Esse fanno
perno sulla collaborazione tra i diversi attori (istituzionali o sociali) ai
fini della realizzazione di scopi di interesse generale (1). La matrice di
tutti gli strumenti di governance è proprio quella di far partire dal basso
la scelta pubblica e di fare leva su soluzioni imperniate sulla
collaborazione dei diversi attori in gioco, pubblici e privati, con scopo di
lucro e non profit, istituzionali e di comunità, locali e globali.
Di esempi ce ne sono tanti. Coinvolgimento del
terzo settore e del mondo del volontariato nella erogazione dei servizi
culturali (volontariato culturale, Musei aperti con il Touring, Legambiente).
Poi, ci sono diversi casi di adozione di
monumenti e biblioteche. E, infine, ci sono i modelli di gestione non profit
che si possono suddividere in gestioni collettive (ad es. teatri, le gestioni
FAI, le Oasi WWF, Paestumanità, archeologia sociale) e gestioni condivise (ad
es. Carditello, Fondazione Villa Emo). Nelle prime la comunità si fa totale
carico della responsabilità di curare i beni culturali. Nella seconda si
formano dei veri e propri partenariati tra la pubblica amministrazione e la
comunità.
La "crowd-age"
Siamo entrati nella "crowd-age". Si
parla di crowdsourcing e crowdfunding. Anche per dare risposte ai problemi
della collettività occorre coinvolgere sempre di più le persone, i cittadini,
le associazioni, le imprese e mettere tutti in "ruota", la ruota
della governance, tutti a spingere nella stessa direzione. I risultati
saranno sicuramente innovativi perché se innovazione è combinazione inedita
di fattori noti, nulla è più noto dello Stato, del mercato e della società.
Quello che cambia è la tecnologia istituzionale, la governance appunto, che
li mette insieme a collaborare e cooperare per elaborare soluzioni nuove,
convenienti sia dal punto di vista collettivo che individuale. È così che si
sperimentano soluzioni che consentono di modernizzare processi e
organizzazioni, pubbliche e private. E' sempre così che le persone mettono a
frutto le proprie competenze, le proprie capacità e quando si liberano le
energie, la fantasia, la creatività delle persone, il potenziale inventivo
dei cittadini, il risultato non è mai scontato.
La risposta ai problemi di interesse generale,
le modalità di soddisfazione dei bisogni collettivi non saranno mai identici
a quelli che un solo soggetto, nel nostro caso l'amministrazione, sarebbe in
grado di concepire e offrire se decidesse di continuare a lavorare da solo.
La prima risorsa per i problemi della
collettività è la collettività. Il tempo della delega è finito, come recita
il payoff di Labsus.org. Le istituzioni devono imparare a chiudere il cerchio
della delega restituendo alle persone parte delle deleghe ricevute e mettendo
le persone in condizione di dare risposte utilizzando le proprie capacità e
sviluppandone di nuove.
(1) Cfr. C. IAIONE, La localizzazione delle
infrastrutture localmente indesiderate: da soluzioni di government a
soluzioni di governance, in G. ARENA, F. CORTESE, Per governare insieme: il
federalismo come metodo, Cedam, 2011, p. 203 e ss.
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