Tutto funziona alla perfezione in Italia: abbiamo la migliore giustizia
possibile e il miglior Governo che il buon Dio ci potesse dare. Infatti, il 27 novembre scorso, a seguito della mia richiesta di risarcimento danni, dell’11 maggio 2017, ho ricevuto una nota dalla
Presidenza del Consiglio dei Ministri con la quale mi veniva comunicato che:“all’esito dell’esame di tutto quanto da Lei
indirizzato alla Presidenza del Consiglio dei ministri e dell’istruttoria
effettuata, per completezza di indagini, presso gli uffici competenti del
Ministero della Giustizia, non sono emersi profili per interventi in relazione a
quanto prospettato.”
Mi sono sentito un verme nell’apprendere che avevo ingiustamente accusato due bravi sindaci e alcuni magistrati solo perché avevano archiviato tutti i procedimenti originati dalle mie denunzie. L'ignoranza offusca la mente. Per comprendere meglio l’entità della mia ignoranza ho chiesto copia degli atti di istruttoria effettuati
dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e gli elementi acquisti presso gli
uffici del Ministero della giustizia, ai sensi dell’articolo 22 della legge n.
241/90. Finalmente avrei capito perché, a rigor di legge, ci è stato negato il diritto alla quieta e al riposo, è stata messa in pericolo la nostra salute e non abbiamo potuto fruire pienamente dell'appartamento in cui abitavamo.
Non so descrivere la mia sorpresa nell’apprendere, 35 giorni dopo, che
la Presidenza del Consiglio dei ministri respingeva la mia richiesta con la
seguente motivazione: “… la richiesta in
esame appare preordinata ad acquisire elementi per esercitare l’azione
risarcitoria contro lo Stato ai sensi della normativa sulla responsabilità
civile dei magistrati. L’istruttoria
compiuta da questa Amministrazione e gli elementi acquisiti presso gli uffici
del Ministero della Giustizia, ai quali si intende accedere, sono stati,
pertanto finalizzati a consentire la difesa della Presidenza del Consiglio dei
ministri e, come tali, sono da ricondurre al concetto di corrispondenza
inerente ad una lite in potenza, quindi sottratti al diritto di accesso, come
previsto dall’art.2, comma 1, del DPCM 26 gennaio 1996, n. 200 (Regolamento
recante norme per la disciplina di categorie di documenti dell’Avvocatura dello
Stato sottratti al diritto di accesso), in ragione della prevalente tutela del
diritto di difesa.”
Ho inviato la seguente risposta alla Presidenza del Consiglio dei
ministri e per conoscenza al Presidente della Repubblica, al Presidente del
Consiglio dei Ministri, al Ministro della Giustizia, al Consiglio Superiore
della Magistratura e alla procura Generale presso la Corte di Cassazione:
“Si prende
atto che Codesta Presidenza del Consiglio dei ministri, con nota DAGL-UCCG n.
237 P-4.3.20/981 del 05/01/2018, ha respinto, “in ragione della prevalente
tutela del diritto di difesa”, la richiesta di accesso agli atti avanzata dallo
scrivente in data 29 novembre 2017. Tuttavia,
lo scrivente, da cittadino, non può esimersi dal notare che: 1) la risposta alla richiesta di accesso agli atti poteva essere
esitata in 48 ore, ed invece è stata esitata in data 5 gennaio 2018, oltre i 30
giorni stabiliti dalla legge; 2) l’istruttoria compiuta da codesta Amministrazione con
la finalità di consentire la difesa della Presidenza del Consiglio dei ministri,
riconducendo gli atti al concetto di corrispondenza inerente ad una lite in
potenza, per negare l’accesso, quand'anche questo fosse legittimo, nel caso di
specie, è, a giudizio dello scrivente, incongruente. [...]. Quando
ci si rivolge alla PCM è perché si ritiene, a ragione o a torto, di aver subito
una presunta ingiustizia e/o un danno da organi dello Stato. L’azione risarcitoria
costituisce un mezzo attraverso cui ottenere giustizia, l’ultima istanza. È
anche il mezzo attraverso cui lo Stato può esercitare la vigilanza sulla efficienza, efficacia
e correttezza dell’azione dei vari organi e poteri statali e porre rimedio alle violazioni manifeste della legge e del diritto dell'Unione Europea. Dal
Governo un cittadino si aspetta e pretende che Esso agisca in difesa ed a
salvaguardia della Costituzione, delle leggi, della verità e della giustizia.
Uno Stato che non sia corrotto non ha paura di rendere pubblici tutti i suoi
atti. Nello specifico, gli atti dell’istruttoria effettuata dalla PCM anche
presso gli uffici del Ministero della giustizia, se esitati, avrebbero
consentito allo scrivente di prendere atto delle ragioni che giustificherebbero
il respingimento della richiesta di risarcimento e, quindi, la correttezza dell’operato
dei sindaci e dei magistrati, e valutare la fondatezza e la validità delle motivazioni
a supporto. Con motivazioni
valide fornite dalla PCM, una eventuale “lite” non avrebbe avuto ragione,
perché insensata, inutile, pretestuosa. Il
diniego all’accesso agli atti nel caso di specie, invece, fa ritenere che
l’istruttoria sia stata finalizzata non già ad appurare la veridicità di quanto prospettato dallo
scrivente, ma finalizzata, esclusivamente, a consentire la difesa della
Presidenza del Consiglio dei ministri, a prescindere dai fatti e dalle
circostanze. L’obiettivo dell’istruttoria della PCM non sembra essere stato
l’accertamento dei fatti e delle eventuali responsabilità, ma il loro
occultamento: evitare, tout court, un risarcimento. Sulla
base di quanto sopra rappresentato lo scrivente adirà la Corte di Giustizia
europea.”
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