A GIUGNO |
In un post del 20
dicembre 2012 “La sfida dei rifiuti in Sicilia”, proponevo di mettere in atto
le raccomandazioni delle direttive europee e nazionali ed in particolare
indicavo di modificare la legge regionale 8 aprile 2010, n.9 in materia di
gestione integrata dei rifiuti in modo da prevedere l’istituzione delle Aree di
raccolta ottimale (Aro) per vincere la sfida. Perché?
Perché, pur non essendo un
esperto di gestione rifiuti, mi sembrava di buon senso, in assenza di
impiantistica adeguata in quasi tutta la Regione, puntare inizialmente sui
cittadini e sul loro impegno nel differenziare tutti i materiali alla fonte.
Poiché il servizio rifiuti rappresenta un sistema a filiera complessa che può
essere risolto solo tramite attività volte a promuovere la riduzione della
produzione dei rifiuti, la raccolta differenziata, il riciclo, il riuso e la
minimizzazione dei rifiuti in discarica, la costituzione di aree di raccolta
ottimale avrebbe, secondo me, non necessitando di investimenti
cospicui, consentito di spostare la governace di
alcuni servizi a un livello territoriale più vicino al cittadino.
Invero con la legge regionale n.
3 del 9 gennaio 2013 gli Aro sono stati istituiti ma, in modo completamente
errato, sempre secondo me, e già si stanno pagando le conseguenze di questo, soprattutto
nel comprensorio jonico e in tutto l’Ato
n. 15 dove il nuovo sistema non decolla
e il commissariamento della gestione viene continuamente prorogato di 6 mesi in
sei mesi e chissà ancora per quanto tempo.
Perché siamo così in ritardo
nonostante le buone intenzioni di tutti?
A mio avviso dipende principalmente dall’inadeguatezza a svolgere le
funzioni di governance e le relative scelte in merito all’organizzazione e alla
gestione dei servizi dei diversi soggetti istituzionali interessati, a tutti i
livelli di responsabilità (da quello locale a quello regionale).
Nello specifico caso
dell’istituzione degli Aro l’errore, a mio avviso, è stato nell’aver previsto
che i comuni si potessero costituire in Aro sulla base di perimetrazioni territoriali da loro stessi definite. Solo
nel comprensorio jonico i comuni si sono frammentati in 4 o 5 Aro e ognuno di
questi va per fatti suoi, praticamente da nessuna parte, anche perché è stato
consentito, almeno in teoria, di procedere all’affidamento del servizio senza
attendere l’adozione del piano d’Ambito da parte della Srr e la necessaria
approvazione da parte dei competenti organi regionali che, a mio parere, tanto
competenti non sono (spero nessuno si offenda). Basta leggere il piano di
intervento dell’Aro Santa Teresa di Riva (clicca qui per aprire il documento) per capire se sto esagerando o meno nel dare un giudizio negativo.
L’uniformità del ciclo dei
rifiuti deve essere garantita assicurando omogeneità del servizio all’interno
dell’Ambito (Ato). Si sarebbe dovuto definire
un orientamento a cui ispirarsi per delineare la perimetrazione degli
eventuali sub-ambiti (Aro) per le fasi a
monte della filiera. I criteri di riferimento avrebbero dovuto essere
ricondotti ai principi generali, comunitari e nazionali e più precisamente, ai
principi di prossimità, autosufficienza, minimizzazione della movimentazione
dei rifiuti, nel quadro degli obiettivi di riduzione della produzione dei
rifiuti e della movimentazione, del recupero, del riciclaggio, dello sviluppo
della raccolta differenziata. Si sarebbe dovuto come minimo prevedere come
criterio della perimetrazione degli Aro la collocazione sul territorio degli
impianti intermedi a cui conferire i rifiuti raccolti sia per ridurne la
movimentazione sia per ottimizzare il grado di utilizzo degli impianti in
relazione allo loro capacità potenziale. Così non è stato. E il risultato è
sotto gli occhi di tutti. Il rimedio nel nostro comprensorio potrebbe essere
quello di costituire un solo Aro.
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