L’autore nel saggio spiega che la
rappresentazione della crisi come un fenomeno naturale imprevedibile sia del
tutto forviante. Non si è trattato di un terremoto o di uno tsunami, di un
incidente al sistema finanziario che di per sé funzionava perfettamente. In
realtà, si è trattato di una risposta sbagliata, di ordine finanziario, che la
politica ha dato al rallentamento dell’economia reale in corso da lungo tempo. La
causa non è stata, come ha fatto credere Bruxelles, il prodotto del debito
eccessivo che gli Stati avrebbero contratto a causa della crescente spesa
sociale. Essa è stata, invece, l’aver favorito lo sviluppo senza limite delle
attività speculative dei grandi gruppi finanziari. In particolare Luciano Gallino
individua due fattori innescanti la crisi: 1) il livello smisurato raggiunto
dalle disuguaglianze di reddito di ricchezza, prodotto dall’espropriazione
della massa della popolazione su cui il regime di accumulazione finanziaria si
fondava e tuttora si fonda; 2) la creazione di quantità astronomiche di denaro
dal nulla per mano delle banche private.
Come rimediare a tutto questo? Rigettando
le teorie economiche neoliberali
“Se si guarda alla sua irresistibile ascesa” scrive Gallino “come ideologia dominante dell’ultimo terzo
del Novecento e del primo decennio del Duemila, bisogna partire dalla
constatazione che il neoliberismo è una dottrina totalitaria che si applica
alla società intera e non ammette critiche. In forza del suo dominio tale
dottrina ha profondamente corrotto la vita sociale, il tessuto delle relazioni
tra le persone su cui le società si reggono; con i suoi errori ha condotto l’economia
occidentale a una delle peggiori recessioni della storia; ha straordinariamente
favorito la crescita delle disuguaglianze di reddito, di ricchezza e di potere.”
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