venerdì 23 settembre 2016

Milazzo, rischio emergenza rifiuti

Ad otto giorni dalla scadenza del contratto con la Dusty e dopo la  recente "rottura" tra la Ditta e il Comune, è stato pubblicato sul sitoweb del Comune l’avviso esplorativo per l’individuazione di un nuovo gestore  per l’esecuzione del servizio di igiene urbana nel territorio comunale dal 1 ottobre 2016 al 31 novembre 2016. L’importo complessivo dell’appalto iva inclusa è di 911.785.00 Euro e il servizio verrà finanziato con fondi comunali. Nella relazione illustrativa è riportato il dimensionamento tecnico ed economico e la descrizione delle prescrizioni operative di carattere generale per lo svolgimento del servizio di igiene urbana. Se la manifestazione di interesse andasse deserta, ipotesi del tutto plausibile, anche in considerazione del limitato periodo di affidamento (due mesi), tra circa 10 giorni ci potremmo trovare in una situazione di vera emergenza rifiuti a causa del mancato affidamento del servizio. È auspicabile che gli Uffici competenti del Comune abbiano un piano B, altrimenti sarà vero caos e dovrà intervenire l’Esercito per rimuovere la spazzatura dalle strade. La responsabilità di questa situazione è tutta del Comune di Milazzo che non è stato in grado di presentare in tempo utile un Piano Aro degno di essere approvato.

Quanto auspicato nell’articolo pubblicato oggi nella Gazzetta del Sud (cliccare sull'immagine per leggere l'articolo), “Si spera che nel frattempo possa essere approvato l’Aro per porre fine a questo stillicidio”,  è ormai irrealizzabile. È troppo tardi. Ed a nulla servirà il migliore piano Aro possibile e l’eventuale approvazione da parte del Consiglio Comunale, perché l’ordinanza n. 6/Rif. di Crocetta del 30 giugno 2016 ha stabilito che anche i piani approvati, ma che non sono stati attuati (ovvero che non hanno presentato gli atti all’Urega entro il 25 luglio 2016 per l’espletamento della gara ad evidenza pubblica) non potranno essere più utilizzati. Come potrete leggere nella delibera di Giunta regionale n. 251 del 20 luglio 2016 è stato approvato recentemente  un disegno di legge, "Norme in materia di organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani. Diposizioni a sosgno dell'economia circolare, della riduzione della produzione dei rifiuti e del riuso dei beni a fine vita", dalla Giunta regionale che quando entrerà in vigore abrogherà la legge regionale n.9/2010, eliminerà la possibilità per i Comuni di istituire gli Aro, eliminerà le Srr, individuerà un solo ambito territoriale ottimale e conseguentemente un unico Ente di governo (Eser) titolare delle funzioni di regolazione, vigilanza e controllo composto dai sindaci dei comuni dell'Isola e nove Bacini Territoriali di Affidamento (BTA). Il territorio regionale verrà suddiviso in nove Ambiti Territoriali Ottimali. Il nostro sarà ATO 2 – Messina, coincidente con la delimitazione territoriale della città metropolitana di Messina, incluse le Isole minori afferenti il confine territoriale della stessa. Speriamo non partoriscano un'altro pastrocchio, anche perché delle disposizioni a sostegno dell'economia circolare non c'è traccia o quasi nel ddl.

venerdì 16 settembre 2016

Inceneritori: dove sbagliano Crocetta, il governo e il prof. Randazzo

Centonove ha pubblicato in data 08/09/2016 una nota di Capitale Messina, a firma del prof. Giovanni Randazzo, in difesa della scelta dell’incenerimento dei rifiuti operata dal governatore Crocetta e dal Governo Renzi, criticandola addirittura come troppo timida nei volumi. Nella stessa nota si adombra malignamente che i comitati no-inceneritori sarebbero “sovvenzionati da chi ha interessi nelle discariche”. Tale affermazione è assolutamente infamante per chi combatte con la sola forza della parola contro giganti del calibro delle multiutilities italiane e multinazionali, che dall’incenerimento di risorse di tutti i cittadini, quali sono i materiali post-consumo, ottengono immensi ricavi. Il tentativo del prof. Randazzo è quello frequente, in questi giorni, di far passare il pensiero unico che l’incenerimento è la sola soluzione, che si fa dovunque in Europa e nel mondo, che l’opposizione ad esso è o ideologica o complice delle discariche o non suggerisce alternative. Invece proprio l’incenerimento è antiscientifico, antieconomico, inquinante, favorisce le discariche e soprattutto è contrario al buon senso. Inoltre la soluzione prospettata per la Sicilia fa a pugni con il recente cosiddetto “Pacchetto sull’economia circolare”, esitato dalla Commissione Europea il 3/12/2015, una lettura consigliata a tutti coloro che non l’hanno ancora fatto.In tale documento, peraltro perfettibile e frutto di compromessi, si invitano istituzioni europee e stati membri ad attuare politiche di recupero di materiali dai nostri scarti. La ratio è soprattutto di natura economica. L’Europa non dispone di materie prime sufficienti per alimentare il proprio imponente sistema industriale, ed è costretta ad importarle. Nel medio termine la dura concorrenza dei paesi emergenti (BRICS), la cui crescita è velocissima, sul mercato delle materie prime sarà devastante per l’aumento dei costi, e l’UE intravede lo spettro della desertificazione industriale. Il sobrio uso delle materie prime ed il recupero delle materie prime seconde dai nostri scarti, da reinserire nel ciclo produzione consumi (economia circolare), è quindi strategico per ragioni economiche. Oltre che per ragioni ecologiche in quanto consentirebbe di diminuire lo sfruttamento delle risorse naturali, che agli attuali ritmi di consumo sono insufficienti per i 7 miliardi di abitanti di questo pianeta. Il pacchetto propone pure il divieto entro dieci anni dell’incenerimento di rifiuti compostabili e riciclabili (cioè quasi tutto), come dire che appena costruiti gli inceneritori potrebbero esporre l’Italia a pesanti sanzioni. Ricordiamo che stiamo già pagando sanzioni perché le nostre discariche sono illegali, e non effettuano, se non poche, in ingresso il trattamento meccanico-biologico o TMB (direttiva europea 1999/31/CE, recepita in legge con il D.lgs. n.36 del 12/03/2003), il che è fra le principali concause della emergenza odierna.. 
Il prof. Randazzo critica Crocetta e l’accordo col MATTM perché prevede l’incenerimento di solo 700.000 tonnellate annue di combustibile solido secondario (CSS). Questa è la quantità (secondo noi sovrastimata) ottenibile dai rifiuti urbani residui (RUR), cioè l’eccedenza di tal quale, dopo una raccolta differenziata del 65%, irrealistica entro poco tempo. Il prof. Randazzo si “dimentica” o sembra ignorare parecchi importanti elementi.
·         Il Testo Unico delle Leggi Ambientali (D.lgs 152/06 mm.ii.) prevedeva al 31/12/2012, e la L.R. 9/2010 posticipava questo termine per la Sicilia al 31/12/2015, il termine ultimo per raggiungere la quota minima del 65% di raccolta differenziata. Tutti i comuni che non hanno raggiunto questi livelli sono, dunque, fuorilegge. La differenza fra la RD raggiunta ed il 65% è dunque la prova di un reato. Il prof. Randazzo pare non conoscere le leggi che governano il settore su cui sviluppa le sue proposte, e propone di incenerire tale flusso, in aggiunta al 35%. Ritengo che questo sia il motivo per cui il MATTM non chiede di incenerirne di più, in quanto avallerebbe l’inosservanza delle leggi vigenti.
·         L’idea che gli inceneritori possano eliminare le discariche è poi una “svista” sesquipedale. Come il prof. Randazzo non può non sapere, siccome nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma, l’incenerimento non disintegra la spazzatura né la trasforma solo in energia – cosa possibile solo nelle stelle o in laboratori come il CERN e per piccolissime quantità - ma in ceneri, scorie, gas serra (CO2), macroinquinanti (SOx, NOx, CO, …) e microinquinanti (diossine, furani, metalli pesanti, polveri e nano polveri…), cioè emissioni o tossiche, o nocive o climalteranti. Ora, il 23-27%, sono ceneri pesanti e volatili, con le seconde, in particolare, che rappresentano rifiuti pericolosi e vanno smaltiti a costi molto elevati in discariche speciali. Quindi l’incenerimento non elimina le discariche ma le favorisce, ingessando il sistema su tonnellaggi in ingresso agli inceneritori cui corrispondono tonnellaggi in uscita dagli stessi e verso le discariche, né diminuisce i costi per i cittadini. Poi c’è da chiedersi: dove vanno a finire le emissioni gassose? Con buona pace delle tecnologie ad emissioni zero, va tutto nella discarica più grande che c’è: l’atmosfera. Cioè l’aria che noi ed i nostri figli vorremmo a buon diritto respirare. E poi nell’acqua che vorremmo bere, e nel terreno che vorremmo coltivare per nutrirci. Enormi costi ambientali e per la salute, dunque. È questa una motivazione ideologica o scientifica?
·         In verità i RUR spesso non vengono bruciati tal quale. In molti casi, come nella proposta della Valle del Mela, cui ribadiamo la nostra ferma opposizione per tutte le motivazioni qui estese, dopo TMB circa il 35-40% del RUR è la frazione umida “sporca” che va avviata alla biostabilizzazione (non alla biodigestione!), e con il restante 65-60%, il secco indifferenziato (sporco di umido), si può produrre, depurandolo dalla parti non combustibili, il CSS. Questo è di solito un rifiuto speciale e solo in alcuni casi (18 classi su 125) un end-of-waste (ossia un materiale per cui decade lo status legale di rifiuto) che può essere commercializzato come combustibile. Ma dal secco indifferenziato si può invece continuare il recupero di materiali (le fabbriche dei materiali), e con la parte non più separabile, mediante densificazione/estrusione si possono realizzare plastiche multicomposite che hanno svariate applicazioni e vasto mercato, e persino laterizi innovativi, più leggeri e resistenti delle terrecotte. Dalla loro commercializzazione si può creare reddito e lavoro, in aggiunta a quelli creati con la RD.
·         Una volta che i cittadini consegnano i loro materiali post-consumo ai comuni, se si recuperassero interamente tutti i materiali, i comuni potrebbero incassare fino a 40-45 euro a tonnellata sul mercato delle materie prime, o 20-25 euro cedendoli ai consorzi obbligatori. Tali denari sono ovviamente una risorsa pubblica, che potrebbe essere sfruttata anche solo per ridurre la TARI. Se invece si conferiscono in discarica o all’incenerimento i cittadini pagano il conferimento, il TMB, nonché l’eventuale produzione di CSS e  il suo incenerimento. Pertanto, l’inceneritore è uno strano caso contrario al libero mercato, perché una impresa non acquista la materia prima per le sue produzioni ma si fa pagare per prenderla! E i cittadini pagano ben quattro volte: 1) non incassano il controvalore dei materiali recuperabili, 2) pagano per il conferimento, 3) i gestori incassano per l’energia prodotta con materiali di proprietà dei comuni, e 4) i cittadini pagano una maggiorazione delle bollette elettriche per gli incentivi a questa falsa energia rinnovabile.
·         Si citano sempre a sproposito esempi poco virtuosi di città (Parigi, Vienna, ecc.) che hanno investito nell’incenerimento. Si potrebbe obiettare che esistono altri casi di grandi metropoli che hanno scelto la strategia Rifiuti Zero, quali S. Francisco o, recentemente, anche New York. Ci si dimentica che i casi citati scelsero l’incenerimento negli anni novanta, mentre oggi esistono, come si è visto, alternative più economiche ed ecologiche. Anzi in alcuni paesi europei ed in alcune regioni italiane si sta già tematizzando una exit strategy dall’incenerimento. È dunque un “inspiegabile” incaponimento voler scimmiottare 20 anni dopo errori commessi altrove, quando oggi abbiamo piena contezza della praticabilità di percorsi indirizzati alla riduzione e  riciclo, i cui esempi non mancano neanche in Sicilia. E se le medie regionali nascondono le discrepanze tra situazioni virtuose e non, ci si deve domandare perché i comuni limitrofi a quelli virtuosi non possono mutuare le stesse pratiche, anziché ragionare sulla inadempienza di quelli non virtuosi
·         L’Emilia Romagna ha recentemente approvato una legge regionale che prevede incentivi alla riduzione dei rifiuti e dei RUR, introducendo quale parametro chiave non la percentuale di RD, ma i kilogrammi di rifiuti per abitante l’anno conferiti in discarica o inceneriti. Procedendo su questa strada la quantità di rifiuti da smaltire in poco tempo sarà marginale, come per esempio nel trevigiano (Consorzio Contarina). La qualcosa “affama” gli inceneritori. Infatti in alcuni casi eclatanti (Torino, Parma) i costi di gestione superano gli introiti, per carenza di combustibile. Pertanto col diffondersi di pratiche virtuose, diciamo tempo una decina d’anni a voler credere al Pacchetto sull’economia circolare, gli inceneritori non saranno economicamente vantaggiosi. Ma vale davvero la pena di spendere miliardi di euro se questi impianti fra qualche anno chiuderanno? Il buon senso direbbe di no.

Infine vogliamo dire che la strategia rifiuti zero, che Zero Waste Europe, Zero Waste Italy, Zero Waste Sicilia e tante altre associazioni propugnano, è basata su questo assunto di Paul Connett: “Un bene che dopo la fase del consumo va in discarica o incenerito, semplicemente non doveva essere prodotto”. Questo fa capire che le nostre battaglie siano le più lontane dal voler favorire le discariche. Ed è per questo che riteniamo la falsa affermazione sui comitati anti-inceneritori del prof. Randazzo infamante ed inaccettabile. Al contrario, chi propugna l’incenerimento si schiera a favore delle multiutilities, e vuole favorire la trasformazione della risorsa pubblica rifiuti nel lucro di potenti speculatori. Diceva Gandhi: “Dapprima ci ignorano. Poi ci deridono. Poi ancora ci combattono. Alla fine vinciamo”. Ringraziamo il prof. Randazzo di avere iniziato la fase 3.

Beniamino Ginatempo 
Fisico, pres. di Zero Waste Sicilia, 
membro dei comitati anti-inceneritore del Mela