sabato 24 agosto 2013

La cultura come bene comune


Scritto da Christian Iaione   
Felicità, condivisione/cooperazione e governance
Cultura, partiamo dall'etimologia e dalla sua valenza semantica. Etimologicamente cultura proviene da coltivare soprattutto se viene riferito al territorio e, sul piano semantico, se riferito all'uomo esso esprime anche la cura necessaria per sviluppare il sistema di valori che una cultura racchiude.
Siamo entrati nella “crowd-age”. Si parla di crowdsourcing e crowdfunding. Anche per dare risposte ai problemi della collettività occorre coinvolgere sempre di più le persone, i cittadini, le associazioni, le imprese e mettere tutti a spingere nella stessa direzione, la direzione della governance
Il principale patrimonio culturale da conservare, tutelare e sviluppare sono le persone. Occorre consentire alle persone di coltivare sé stesse e occorre consentire loro di prendersi cura delle altre persone e dei beni comuni. Perché da questo può dipendere la felicità pubblica e privata.

La felicità privata dipende dalla felicità pubblica
La felicità della persona dipende dallo "stare bene" delle persone all'interno di una società. E lo "stare bene" o benessere individuale non dipende esclusivamente da condizioni materiali. Amartya Sen ha spiegato come la condizione di non benessere e disagio si determini ogni qualvolta sia negata alla persona la libertà di svilupparsi pienamente, affermando la propria dignità e valorizzando i propri talenti. Passando da una concezione redistributiva ad una procedurale del principio di eguaglianza, diventa chiara la missione costituzionale dei poteri pubblici (art. 3, comma 2, Cost.): promuovere le condizioni affinché i cittadini, soprattutto quelli di più giovane età, possano liberamente ed individualmente scegliere come coltivare la propria personalità, i propri talenti per contribuire al "progresso materiale e spirituale della società" (art. 4, comma 2, Cost.). E mettere in condizione le persone di sviluppare le proprie capacità consentendo loro di esercitare la libertà solidale e responsabile di curare, proteggere e conservare, per tutta la comunità e le generazioni future, i beni comuni (art. 118, comma 4, Cost.) può contribuire a realizzare quella "fioritura della persona" che per Sen costituisce il vero fulcro della felicità, l'unico valore da misurare per saggiare il reale benessere di una comunità.
La felicità privata quindi dipende dalla felicità pubblica e dalla possibilità delle persone di poter contribuire alla seconda. Albert Otto Hirschman direbbe che siamo entrati in un ciclo in cui le persone sono pronte a impegnarsi per la felicità pubblica perché hanno capito l'incidenza che essa ha sulla felicità privata. Siamo legati da un destino comune, aggiungerebbe Calamandrei. Si progredisce solo insieme, ci si salva solo insieme. Ripristinare le relazioni solidali orizzontali tra le persone e la capacità di cooperare delle persone sono gli ingredienti sui quali i poteri pubblici devono investire per adeguare il proprio ruolo alle sfide del XXI secolo. Siamo nell'età della diffusione delle conoscenze e delle competenze, mentre l'amministrazione attuale è stata concepita nell'Ottocento come una piattaforma chiusa ed elitaria in cui concentrare competenze e conoscenze. Oggi deve diventare una piattaforma aperta che offre gli strumenti e le opportunità alle persone e alla società di dare risposte mettendo a fattor comune le competenze e conoscenze individuali.

Politiche culturali di co-produzione e governance
Fare politiche culturali oggi significa poi integrare politiche pubbliche diverse (i.e. servizi pubblici, urbanistica, periferie, integrazione, coesione sociale, formazione anche professionale) e utilizzare tecniche di co-produzione e governance.
Bisogna abbandonare la visione solipsistica e a canne d'organo delle politiche pubbliche, soprattutto di quelle urbane. I bisogni delle persone richiedono risposte integrate e complete, centrate sul mutuo soccorso. Servono luoghi, laboratori dove questa integrazione può avvenire e le persone possono incontrarsi per conoscersi, collaborare e cooperare.
Ad esempio, a Malmö l'ammnistrazione intende lanciare con la collaborazione di operatori privati un progetto di restauro e riqualificazione di edifici costruiti negli anni Settanta. La città intende lavorare con processi bottom-up e di empowerment dei cittadini. Fra le varie azioni si metterà in piedi un "atelier" incentrato su riqualificazione edilizia e acquisizione di conoscenze e competenze per immigrati che non conoscono ancora la lingua e disoccupati di lungo termine, visto che questi edifici sono in zone "difficili" della città. A Malmö sono già operativi due "living labs" Fabriken the Factory dove le persone imparano arti e mestieri e Fabriken The Neighborhood che si occupa più nello specifico di servizi e manutenzione per il quartiere.
Una Fabriken è stata attivata per supportare il lavoro di una NGO di donne immigrate. Particolarmente interessante è anche il metodo di lavoro che viene utilizzato per mettere in piedi le varie Fabriken.

Amministrare in modo orizzontale, paritario e aperto
Bisogna quindi puntare sulla creazione di laboratori di co-design e su processi di co-produzione dove si cerca di progettare e costruire nuovi servizi e prodotti facilitando la collaborazione tra cittadini, NGOs, aziende, istituzioni pubbliche e università. Una politica culturale di nuovo conio deve dunque partire da iniziative bottom-up e cercare di capire come supportarle e renderle sostenibili a lungo termine lavorando assieme ad altre istituzioni, aziende, non profit.
Per realizzare tutto questo, le istituzioni devono rinunciare al monopolio della cura dell'interesse generale e accettare l'idea che devono allearsi con la società, in tutte le sue articolazioni. Occorre introdurre nel dibattito pubblico relativo alla tutela, gestione e manutenzione dei beni culturali in Italia principi, strumenti e modelli organizzativi ispirati a tecniche di governance.
Al contrario delle tecniche di government, le tecniche di governance sono caratterizzate da paritarietà, orizzontalità e apertura verso comunità territoriali e società civile locale. Esse fanno perno sulla collaborazione tra i diversi attori (istituzionali o sociali) ai fini della realizzazione di scopi di interesse generale (1). La matrice di tutti gli strumenti di governance è proprio quella di far partire dal basso la scelta pubblica e di fare leva su soluzioni imperniate sulla collaborazione dei diversi attori in gioco, pubblici e privati, con scopo di lucro e non profit, istituzionali e di comunità, locali e globali.
Di esempi ce ne sono tanti. Coinvolgimento del terzo settore e del mondo del volontariato nella erogazione dei servizi culturali (volontariato culturale, Musei aperti con il Touring, Legambiente).
Poi, ci sono diversi casi di adozione di monumenti e biblioteche. E, infine, ci sono i modelli di gestione non profit che si possono suddividere in gestioni collettive (ad es. teatri, le gestioni FAI, le Oasi WWF, Paestumanità, archeologia sociale) e gestioni condivise (ad es. Carditello, Fondazione Villa Emo). Nelle prime la comunità si fa totale carico della responsabilità di curare i beni culturali. Nella seconda si formano dei veri e propri partenariati tra la pubblica amministrazione e la comunità.

La "crowd-age"
Siamo entrati nella "crowd-age". Si parla di crowdsourcing e crowdfunding. Anche per dare risposte ai problemi della collettività occorre coinvolgere sempre di più le persone, i cittadini, le associazioni, le imprese e mettere tutti in "ruota", la ruota della governance, tutti a spingere nella stessa direzione. I risultati saranno sicuramente innovativi perché se innovazione è combinazione inedita di fattori noti, nulla è più noto dello Stato, del mercato e della società. Quello che cambia è la tecnologia istituzionale, la governance appunto, che li mette insieme a collaborare e cooperare per elaborare soluzioni nuove, convenienti sia dal punto di vista collettivo che individuale. È così che si sperimentano soluzioni che consentono di modernizzare processi e organizzazioni, pubbliche e private. E' sempre così che le persone mettono a frutto le proprie competenze, le proprie capacità e quando si liberano le energie, la fantasia, la creatività delle persone, il potenziale inventivo dei cittadini, il risultato non è mai scontato.
La risposta ai problemi di interesse generale, le modalità di soddisfazione dei bisogni collettivi non saranno mai identici a quelli che un solo soggetto, nel nostro caso l'amministrazione, sarebbe in grado di concepire e offrire se decidesse di continuare a lavorare da solo.
La prima risorsa per i problemi della collettività è la collettività. Il tempo della delega è finito, come recita il payoff di Labsus.org. Le istituzioni devono imparare a chiudere il cerchio della delega restituendo alle persone parte delle deleghe ricevute e mettendo le persone in condizione di dare risposte utilizzando le proprie capacità e sviluppandone di nuove.
(1) Cfr. C. IAIONE, La localizzazione delle infrastrutture localmente indesiderate: da soluzioni di government a soluzioni di governance, in G. ARENA, F. CORTESE, Per governare insieme: il federalismo come metodo, Cedam, 2011, p. 203 e ss.










mercoledì 14 agosto 2013

Aprire una discarica non è come aprire un centro benessere

Se non è indispensabile, è proprio da fessi riaprire la discarica di Ligoria.


Ho ascoltato parte della relazione del Sindaco De Luca esposta durante il Consiglio Comunale del 29 luglio 2013.  Sarà stato a causa del caldo, ma l’impressione avuta è che il Sindaco non abbia potuto sintetizzare esaurientemente quanto contenuto nella relazione riguardo la gestione dei rifiuti. Quest’impressione avuta dal vivo è stata confermata dalla registrazione video disponibile sul sito web del Comune. Sul sito però non c’è traccia della relazione. Mi auguro che anche questa, quanto prima, venga pubblicata integralmente e resa disponibile alla visione dei cittadini che hanno interesse o curiosità a conoscere nei dettagli gli argomenti della relazione. Ciò costituirebbe anche un risparmio per le casse del Comune, se è vero che il Sindaco vuole “gratificare” i cittadini di S. Teresa di Riva mandandone una copia ad ogni famiglia.
Il sito del comune dovrebbe essere usato per dare informazioni corrette e puntuali. Si dovrebbe evitare di utilizzarlo per la  propaganda o per attaccare/bacchettare l’opposizione o chi dissente. Per il diritto di critica/replica il Sindaco farebbe meglio ad usare altri canali anche per una questione di etica democratica.
Per chi vuole partecipare e contribuire alla soluzione del problema rifiuti diventa difficile poterlo fare se non si dispone di dati e informazioni. Ci auguriamo che la relazione del Sindaco contenga quanto necessario per una valutazione di merito del progetto che l'Amministrazione intende perseguire.
Il quadro enunciato dal Sindaco De Luca non è sembrato sufficientemente chiaro e dettagliato. Egli ha parlato di un risparmio del 30% sugli attuali costi (€ 1.900.000) a carico dei contribuenti senza fornire spiegazioni sul come ottenere queste economie. Non ha parlato di differenziare l’umido e di impianto di compostaggio. Ha accennato ad un impianto di pretrattamento e stabilizzazione dei rifiuti da conferire nella discarica e di investimenti per un ammontare di circa 3 milioni di Euro. Ha parlato di raccolta differenziata porta a porta spinta, della eliminazione dei cassonetti stradali, di premi per chi differenzia e di aggravi dei costi per i negligenti. Tutte cose positive ma vaghe. Tutte cose di difficile controllo se il progetto non sarà esteso a tutto il comprensorio jonico. Inoltre, il Sindaco non ha spiegato se il Comune pensa ad una gestione in house, ad una società mista o di affidare i servizi a terzi.
Senza fornire dati sulla qualità del progetto di raccolta differenziata, senza aver verificato l’idoneità del sito di Ligoria riguardo gli aspetti tecnici e logistici,  è difficile, ad esempio, capire se è giustificabile la necessità della riapertura della discarica. A quanto è dato sapere non c’è al momento una emergenza discariche tale da giustificarne una riapertura. Se così fosse, ci penserebbe la Regione ad intervenire indicando quali discariche eventualmente riaprire, ampliare, costruire e dove (sentiti gli Enti interessati). Inoltre, con il recupero di materia, il riciclo dei materiali, il riuso e la riduzione dei rifiuti, i conferimenti in discarica si ridurranno drasticamente allungando la vita delle discariche attualmente in esercizio. Questo evita la previsione di ampliamenti di discariche esistenti, di riaprire quelle fuori esercizio o di realizzarne di nuove.

mercoledì 7 agosto 2013

Rifiuti: S.Teresa di Riva capofila di un Aro del riciclo o pattumiera del comprensorio?

Ecocentro del riuso
Strategia “rifiuti zero”, eliminazione degli sprechi e assunzione delle buone pratiche ambientali sono gli obiettivi  attraverso cui realizzare promozione e sostenibilità ambientale, la riproducibilità delle risorse naturali, il valore pubblico dei beni comuni.
Per Comunità di poche  migliaia di abitanti come quelle del comprensorio jonico si riesce, valorizzando la partecipazione e il coinvolgimento attivo degli abitanti e per  le peculiarità strutturale del territorio, ad ottenere risultati difficilmente raggiungibili in aree con maggiore popolazione e complessità. In contesti territoriali come il nostro, la produzione dei rifiuti è generalmente inferiore alla media e si riesce a realizzare un’efficace azione di riduzione, riuso e riciclo anche perché la raccolta differenziata potrà essere, se ben organizzata, quantitativamente e qualitativamente migliore. È prioritario estendere ed applicare su tutto il territorio del nostro comprensorio le buone pratiche e le eccellenze nella gestione dei rifiuti già in corso di attuazione in diverse realtà italiane. Esse riguardano la riduzione dei rifiuti, la riparazione ed il riutilizzo di beni e prodotti di “seconda mano”, il riciclaggio finalizzato al recupero di materia ed il compostaggio derivante da frazione organiche pulite. Pertanto va favorito il passaggio da sistemi stradali di raccolta a sistemi puntuali di raccolta e di tariffazione.
Nel nostro contesto territoriale è anche più facile attivare pratiche virtuose a partire dal porta a porta in grado non solo di intercettare elevate quantità di materiali ma soprattutto di garantire una qualità merceologica idonea alle successive fasi di compostaggio e di riciclaggio; favorire il compostaggio domestico; dotarsi di semplici aree di stoccaggio e trattamento di zona per piccoli impianti di compostaggio; attivare aree di raccolta (centri o isole ecologiche). Con questi accorgimenti si riduce enormemente la quantità di rifiuti che richiedono un trattamento finale, e quindi si riducono significativamente i costi di smaltimento.
I comuni dovranno dotarsi di Piani comunali di raccolta che abbiano come riferimento e volano principale il sistema di raccolta porta a porta, per favorire il massimo sviluppo della raccolta differenziata finalizzato al recupero di materia. Al fine di raccogliere materiali di buona qualità merceologica devono essere incentivati sistemi di raccolta selettiva o monomateriale anziché congiunta o multi materiale. Tali modalità devono essere integrate con isole ecologiche e centri di riparazione e di preparazione per il riutilizzo. A questo proposito i comuni del nostro comprensorio dovranno costituire un Aro (Area di raccolta ottimale) non inferiore a 20.000 abitanti e potranno dotarsi di tali strutture. Occorrerà incentivare e favorire lo sviluppo di imprenditoria e di posti di lavoro locali per l’attuazione delle attività di recupero di materia e riuso.
L'attuazione delle buone pratiche di prevenzione, riduzione, riutilizzo, riciclo, compostaggio hanno lo scopo di rendere effettivamente residuale le fasi di trattamento/smaltimento dei Rifiuti Urbani Residui (Rur) ed esse stesse devono avvenire puntando a ridurre ulteriormente i conferimenti (che obbligatoriamente devono subire un processo di pretrattamento stabilizzazione) in discarica.
Massimizzare i recuperi di materia rispetto ad altre forme di recupero e ridurre drasticamente i conferimenti in discarica è infine lo scopo dei nuovi impianti di trattamento meccanico biologico (Tmb)  grazie ai quali si allunga il ciclo di vita delle discariche esistenti per una loro gestione in sicurezza e senza la previsione di realizzarne ampliamenti e/o la realizzazione di nuove.