martedì 22 gennaio 2013

Nuovo proggetto raccolta rifiuti ...

per il comprensorio jonico


Un nuovo progetto di raccolta dei rifiuti che coinvolga associazioni e cittadini per il bene comune.
Nel comprensorio jonico serve una raccolta dei rifiuti intelligente, un nuovo progetto che sfrutti le tecnologie più moderne e le buone pratiche i cui punti fondamentali siano sostenibilità e partecipazione (che vuol dire anche controllo dei cittadini).
Comuni, Associazioni e Cittadini devono unire le forze e lavorare insieme verso l’obiettivo “rifiuti zero”. Questo obiettivo potrà essere raggiunto se i Comuni del comprensorio lavoreranno in sinergia tra loro, nel rispetto della normativa sui rifiuti, e se sapranno coinvolgere al massimo le associazioni del territorio, informando, educando e aprendo alla partecipazione la cittadinanza.
Rispetto al passato (e al presente) tutto dovrà cambiare. Le pratiche obsolete o fallimentari dovranno essere abbandonate e sostituite dalle nuove pratiche quali la riduzione, il riciclo, il riuso e il sistema di raccolta differenziata porta a porta “spinto” per una gestione dei rifiuti sostenibile dal punto di vista economico e ambientale. Tutto questo non potrà prescindere dalla differenzazione della frazione organica (l’umido).

Il nuovo progetto deve ripartire dalle tante buone pratiche che si sono consolidate nel mondo e in Italia (Capannori) e da alcune positive esperienze siciliane (Aci Bonaccorsi).
Deve ripartire possibilmente puntando sulla gestione “in house” dei rifiuti, con la creazione, se possibile, di un’azienda speciale consortile tra tutti i comuni del comprensorio jonico in modo da costituire un Ambito di Raccolta che ottimizzi la filiera della raccolta differenziata, intesa al recupero totale. Il servizio di Raccolta e Riciclaggio dei rifiuti urbani e assimilabili sarà così un Servizio Pubblico Locale di interesse generale con  criteri di efficienza, efficacia, economicità che esclude profitti e remunerazioni di qualsiasi forma.
Il progetto dovrà prevedere che il comprensorio si doti di un “moderno” impianto di compostaggio dimensionato alle proprie necessità. Nel mentre viene realizzato il centro di compostaggio, la frazione organica dei rifiuti, comunque, dovrà essere differenziata e smaltita (trattata) presso il più vicino/economico centro di compostaggio.
Tra le buone pratiche da favorire ci dovrà essere anche quella del compostaggio domestico. Tale attività permetterà ai cittadini che vorranno usufruire di questa possibilità di non conferire i propri rifiuti organici al “servizio di raccolta” con un beneficio in termini economici sia sui costi di smaltimento/trattamento che sulla tariffa. Infatti, le famiglie che aderiranno alla pratica del compostaggio domestico usufruiranno di uno sconto sull’importo della TARES.
Il sistema di raccolta rifiuti dovrà prevedere l’utilizzo di sacchetti di raccolta intelligenti, ovvero dotati di un microchip riconducibile ai singoli nuclei familiari in modo da commisurare la parte variabile della TARES (nuova tassa sui rifiuti in vigore dal 2013 che sostituirà la TARSU e la TIA) all’effettiva produzione di indifferenziato (rifiuti residui destinati alla discarica).

Il successo del nuovo progetto non potrà che basarsi su due elementi chiave: una corretta, completa e continua informazione alla cittadinanza da parte dei Comuni e la collaborazione stretta con le associazioni di volontariato del territorio per la realizzazione di una politica pubblica di grande impatto. Le associazioni, in effetti, possono dare un grande contributo sul fronte della sensibilizzazione impegnandosi anche in una azione informativa per conto dei Comuni. Una sinergia in grado di generare percorsi di collaborazione nella realizzazione di nuove politiche territoriali

sabato 12 gennaio 2013

Rifiuti e discariche


Le discariche  chiuse vanno bonificate e non riaperte.
Sono sorpreso e dispiaciuto per il fatto che il Sindaco De Luca guardi allo sviluppo della nostra comunità con un ottica di breve periodo e non, come dovrebbe un buon amministratore, con lo sguardo rivolto al futuro. Riaprire la discarica di Ligoria può venire in mente solo a chi ha una visione mercantile e di piccolo cabotaggio; a chi parla di fallimento conclamato dell’ATO4 senza averne mai analizzato il perché e il per come, e senza aver mai cercato di porvi rimedio.
Tutto ad un tratto il Sindaco De Luca è diventato anche esperto di munnizza. “Ne abbiamo discusso con i tecnici – dice il sindaco De Luca – e riteniamo che alla luce delle nuove direttive, il nostro progetto possa andare avanti. Non è possibile mantenere un sistema che si è rivelato solo mangiasoldi, i contribuenti sono allo stremo, è nostro dovere pensare a come potere risparmiare sui costi per alleggerire le bollette”.  Ma chi sono questi tecnici e cosa hanno detto esattamente? Vorremmo saperlo.
Il problema della riduzione dei costi delle bollette non si risolve infossando i rifiuti a Ligoria. Piuttosto, De Luca si attivi perché a Ligoria, casomai ce ne fosse la possibilità tecnica/ambientale, possa sorgere un moderno centro di compostaggio, per tutto il comprensorio.

Mi auguro che non venga concesso alcun nullaosta per la riapertura della discarica
Consiglio al Sindaco e a tutta l’Amministrazione di lavorare perché vengano messe in atto e fatte rispettare le direttive europee e nazionali in tema di rifiuti. Utilizzi gli esperti per avere lumi su come fare una raccolta differenziata degna di questo nome, che ci permetta di arrivare all’80%. Poi si attivi perché a livello regionale e nazionale si legiferi in modo da impedire ai produttori di beni e imballaggi che questi vengano costruiti con materiali tossici e non biodegradabili.
Inizi subito una campagna di sensibilizzazione dei cittadini volta ad implementare una raccolta differenziata porta a porta spinta, presso tutte le famiglie. Faccia lavorare i suoi tecnici. Faccia approntare un piano comunale per la raccolta differenziata:è previsto dalla legge. Faccia preparare il regolamento per la TARES  in modo tale che la parte variabile del tributo comunale sia basato su un “corrispettivo”, una misurazione puntuale dei rifiuti per famiglia e non in forma “presuntiva”. Faccia in modo che i cittadini paghino per quanto producono di indifferenziato.

venerdì 11 gennaio 2013

Educare alla legalità

Educare alla legalità: la diffusione di buone prassi sul territorio

di don Luigi Ciotti


Un problema prima di tutto culturale. "Educazione alla legalità" è un'espressione che rischia oggi di suonare riduttiva e inadeguata. Ecco perché, prima di affrontare questo tema, mi sembra necessaria una premessa più ampia sul clima culturale del nostro Paese.

Dobbiamo interrogarci su come la crisi della legalità sia connessa al diffondersi di egoismo ed indifferenza. Quel che più preoccupa è una generale "smobilitazione delle coscienze": tanti italiani hanno ormai "depenalizzato" certi reati dentro di sé, sono disposti a chiudere un occhio su quelle piccole - ma spesso tutt'altro che piccole - violazioni delle regole che fanno comodo perché permettono di ottenere dei vantaggi o di consolidare dei privilegi.

Tra i sessanta paesi più avanzati del mondo, l'Italia è al quinto posto per il livello di corruzione. Segno inequivocabile di un'illegalità diffusa che merita una riflessione profonda. Dobbiamo fermarci e scoprirci ancora in grado di provare disgusto rispetto a questa situazione. Uso il termine disgusto, e non indignazione, perché ormai l'indignazione è diventata una "moda". Tutti si indignano, ma la maggior parte poi si ferma lì, non prova trasformare questo sentimento in impegno.
Aveva ragione Corrado Alvaro, il grande scrittore di San Luca nella Locride, quando scriveva che «la disperazione peggiore di una società è il dubbio che vivere onestamente sia inutile». Dobbiamo ribellarci alla rassegnazione per sconfiggere insieme questo dubbio.  

Ci troviamo sempre più a fare i conti con una cultura che esalta una libertà slegata dalla responsabilità, una libertà degradata ad arbitrio, ad affermazione a scapito degli altri se non contro gli altri. È un concetto che sta sullo sfondo di tanti messaggi quotidiani - della pubblicità ma a volte anche della politica - e si accompagna all'idea che ciò che conta è l'immagine, il potere, il possesso, la forza, il denaro, la bellezza ad oltranza. 


 <<Educazione e legalità: due modi di pronunciare la parola "noi">>
     di don Luigi Ciotti

La legalità - afferma un documento della Cei del 1991 - è «insieme rispetto e pratica delle leggi». Non solo rispetto di norme imposte dall'alto, ma pratica quotidiana di regole condivise. Così intesa - continua il documento - «la legalità è un'esigenza fondamentale della vita sociale per promuovere il pieno sviluppo della persona umana e la costruzione del bene comune». «Un'esigenza fondamentale»: fondamentale diventa allora educare ed educarci alla legalità, o meglio alla responsabilità.
La legalità non è infatti un valore in quanto tale: è l'anello che salda la responsabilità individuale alla giustizia sociale, l'io e il "noi". Per questo non bastano le regole. Le regole funzionano se incontrano coscienze critiche, responsabili, capaci di distinguere, di scegliere, di essere coerenti con quelle scelte. Il rapporto con le regole non può essere solo di adeguamento, tanto meno di convenienza o paura. La regola parla a ciascuno di noi, ma non possiamo circoscrivere il suo messaggio alla sola esistenza individuale: in ballo c'è il bene comune, la vita di tutti, la società. L’educazione alla legalità si colloca allora nel più ampio orizzonte dell'educarci insieme ai rapporti umani, con tutto ciò che questo comporta: capacità di riconoscimento, di ascolto, di reciprocità, d'incontro, di accoglienza.

Nella consapevolezza che la diversità non solo fa parte della vita ma è la vita, la sua essenza e la sua ricchezza.
Già Giovanni Paolo II, parlando a Napoli nel 1990, rilevava la grave crisi di legalità dell'Italia. «Non c'è chi non veda - disse - l'urgenza di un grande recupero di moralità personale e sociale, di legalità. Sì: urge un recupero di legalità.» Sono passati più di vent'anni, ma quel monito resta fortemente attuale. E non solo pensando al crimine organizzato, tutt'altro che sconfitto e anzi, in certi contesti, rafforzato nella sua rete di interessi e complicità, ma anche a quelle forme di illegalità verso le quali non c'è sufficiente attenzione e condanna. Piccoli e grandi reati diventati costume - o meglio malcostume - espressioni di un'illegalità che è stata "depenalizzata" nelle coscienze e si è insediata nelle pieghe della vita sociale. Forme di corruzione e abuso che delle mafie sono spesso il "viatico" e l'anticamera.





<<"Educare alla legalita": purché non sia uno slogan>>
di don Luigi Ciotti

Ci sono espressioni come "educare alla legalità" che dobbiamo avere il coraggio, ma anche l'umiltà, di ripensare. La legalità comincia infatti dalla corresponsabilità, da un educarci insieme nella coscienza dei nostri limiti, coscienza che è segno di libertà e autenticità.
Non può esserci legalità senza questo mettersi in gioco, questo incontrarci nella nostra diversità di persone, specchio della diversità della vita. Il linguaggio delle leggi risulta estraneo se prima non abbiamo imparato quello dei rapporti umani, se la prossimità e l'attenzione agli altri non ci hanno fatto capire la differenza tra una legge che promuove il bene comune e una che difende interessi e privilegi particolari. La storia racconta di leggi che hanno giustificato la forza invece di rafforzare la giustizia, incoraggiando forme di razzismo, di oppressione, di sfruttamento. O che, più spesso, non hanno saputo trovare il giusto equilibrio tra la sanzione e l'inclusione, tra l'aspetto penale e la dimensione sociale.

Il primo punto da chiarire è allora che la legalità non è un valore in sé. È uno strumento, un mezzo per collegare la responsabilità individuale da un lato, la giustizia sociale dall'altro.