venerdì 25 ottobre 2013

L'ingiustizia si deve combattere col diritto

A ciascuno, in modo diverso e con differenti tonalità emotive, capita di sperimentare l’ingiustizia. Se di fronte alla giustizia siamo presi da un senso di disorientamento, per la quantità di sfaccettature di senso che la connotano, rendendo arduo il compito di definirne l’essenza, di fronte all’ingiustizia ci sembra di poter dire “io so che cosa significa perché l’ho patita sulla mia pelle.” (Vera Fisogni)

Ogni cittadino riconosce una serie di diritti e di doveri considerati fondamentali. Inalienabili. Garantiti. Ecco che ad un tratto quel diritto che fino a poco prima pensavi fosse tuo, può venire calpestato e ignorato. All'improvviso scopri di essere debole e indifeso. In balia di chi calpesta le regole. Non tutelato da chi dovrebbe farle rispettare. Stai subendo un sopruso e le istituzioni non vedono e non sentono, non si assumono le loro responsabilità, e non sai se avrai giustizia.

Bisogna contrastare e denunciare le ingiustizie, altrimenti esse diventano “ordinaria normalità”.

Ciascuno deve essere chiamato a rispondere dei suoi errori, delle sue trasgressioni, del danno provocato ad altri e alla collettività.

Siate sempre capaci di sentire nel più profondo qualunque ingiustizia commessa contro chiunque in qualunque parte del mondo. (Che Guevara)

venerdì 18 ottobre 2013

La Costituzione è un bene comune



Anche Democrazia Partecipata raccoglie l’iniziativa dei firmatari dell’appello La via Maestra Lorenza Carlassare, Don Luigi Ciotti, Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky, per chiedere ai senatori  di non approvare, con la maggioranza dei due terzi, il Disegno di Legge Costituzionale N. 813-B, che consente la deroga all’articolo 138 della nostra Costituzione (quello in cui è stabilito il processo di revisione costituzionale) ed estende l’invito a scrivere ai Senatori a tutti i cittadini

Oggetto: la Costituzione è un bene comune, si ascoltino tutti i cittadini!

Gentile Senatrice/Senatore,
chiedo in aula un comportamento democratico, responsabile e trasparente per evitare che la legge costituzionale 813-B (che consente la deroga all’articolo 138 della Costituzione), venga approvata con la maggioranza dei due terzi. Tale maggioranza preclude infatti la possibilità di ricorrere al referendum. Sarebbe sufficiente che un limitato numero di senatori (più di 23) non partecipasse alla votazione finale, il 23 ottobre, consentendo così a tutti i cittadini di esprimersi con un referendum su un provvedimento che incide profondamente sul sistema delle garanzie costituzionali e crea un pericoloso precedente per il nostro paese. Allontanando ancora di più la classe politica dai sentimenti di molta parte degli italiani.

Firma:  …………………..

Inviare la mail a:
francesco.verducci@senato.it, magdaangela.zanoni@senato.it, sergio.zavoli@senato.it, vito.vattuone@senato.it, daniela.valentini@senato.it, stefano.vaccari@senato.it, mario.tronti@senato.it, giorgio.tonini@senato.it, walter.tocci@senato.it, angelica.saggese@senato.it, giancarlo.sangalli@senato.it, giorgio.santini@senato.it, francesco.scalia@senato.it, annalisa.silvestro@gmail.com, pasquale.sollo@senato.it, lodovico.sonego@senato.it, maria.spilabotte@senato.it, ugo.sposetti@senato.it, roberto.ruta@senato.it, francesco.russo@senato.it, lucrezia.ricchiuti@senato.it, raffaele.ranucci@senato.it, laura.puppato@senato.it, francesca.puglisi@senato.it, luciano.pizzetti@senato.it, roberta.pinotti@senato.it, leana.pignedoli@senato.it, stefania.pezzopane@senato.it, annamaria.parente@senato.it, giorgio.pagliari@senato.it, venera.padua@senato.it, pamelagiacoma.orru@senato.it, claudio.moscardelli@senato.it, mario.morgoni@senato.it, franco.mirabelli@senato.it, domenico.minniti@senato.it, corradino.mineo@senato.it, mauriziomigliavacca@hotmail.com, claudio.micheloni@senato.it, giuseppina.maturani@senato.it, donella.mattesini@senato.it, claudio.martini@senato.it, ignazio.marino@senato.it, salvatore.margiotta@senato.it, andrea.marcucci@senato.it, luigi.manconi@gmail.com, patrizia.manassero@senato.it, giuseppe.lumia@senato.it, carlo.lucherini@senato.it, doris.lomoro@senato.it, sergio.logiudice@senato.it, stefano.lepri@senato.it, nicola.latorre@senato.it, silviolai@gmail.com, josefa.idem@senato.it, paolo.guerrieri@senato.it, mariacecilia.guerra@senato.it, pietro.grasso@senato.it, miguelgotorpd@gmail.com, nadia.ginetti@senato.it, francesco.giacobbe@senato.it, rita.ghedini@senato.it, mariagrazia.gatti@senato.it, federico.fornaro@senato.it, elena.fissore@senato.it, anna.finocchiaro@senato.it, rosanna.filippin@senato.it, marco.filippi@senato.it, elena.ferrara@senato.it, valeria.fedeli@senato.it, nicoletta.favero@senato.it, emma.fattorini@senato.it, camilla.fabbri@senato.it, stefano.esposito@senato.it, nerina.dirindin@senato.it, rosamaria.digiorgi@senato.it, isabella.demonte@senato.it, mauro.delbarba@senato.it, erica.dadda@senato.it, vincenzo.cuomo@senato.it, giuseppeluigi.cucca@senato.it, paolo.corsini@senato.it, stefano.collina@senato.it, roberto.cociancich@senato.it, monica.cirinna@senato.it, laura.cantini@senato.it, massimo.caleo@senato.it, rosaria.capacchione@senato.it, valeria.cardinali@senato.it, filippo.bubbico@senato.it, claudio.broglia@senato.it, danielegaetano.borioli@senato.it, amedeo.bianco@senato.it, mariateresa.bertuzzi@senato.it, bruno.astorre@senato.it, ignangioni@tiscali.it, silvana.amati@senato.it, donatella.albano@senato.it, luigi.zanda@senato.it, 

lunedì 14 ottobre 2013

Lettera al mio sindaco

Suggerisco di prendere in prestito la bella lettera scritta da Yona Friedman, estratta dal libro di Luca Mercalli "PREPARIAMOCI a vivere in un mondo con meno risorse, meno energia, meno abbondanza ... e forse più felice", edito da Chiarelettere, e inviarla con ogni mezzo possibile al proprio sindaco. Il cambiamento deve partire da noi cittadini, dalle nostre case, dalle nostre abitudini che devono essere più sane ed economiche (dal consumo d’acqua, ai trasporti, dai rifiuti alle energie rinnovabili, dall’orto all’impegno civile). 
Lettera al mio Sindaco
... preparare l'adattamento dell'animale umano 
al potenziale impoverimento del pianeta.
Yona Friedman, architetto, 2009

Caro Sindaco,
oggi abbiamo una Terra con sette miliardi di individui, dilaniati da disparità intollerabili, che con ogni loro bisogno e ogni loro scelta di consumo incidono sul clima, sull’acqua, sulla salute, sulla produzione di scorie e rifiuti di durata plurimillenaria, sulla disponibilità di cibo e materie prime, per se stessi e per tutte le generazioni future. Abbiamo una tecnologia che non è mai stata così potente, ma è un’arma a doppio taglio. Abbiamo un mondo estremamente complesso, ma pure fragile. Abbiamo un’economia basata su un’impossibile crescita infinita, alla quale però obbediamo stoltamente come a una religione. Abbiamo religioni e ideologie antiche, totalmente inadeguate a gestire questo rapido cambiamento epocale. Caro Sindaco, amministrare oggi è una responsabilità enorme, e sulle tue spalle grava non solo il giudizio dei tuoi elettori, non sempre informati, non sempre onesti, che vogliono solo risposte concrete per oggi, ma pure quello delle generazioni più giovani e di quelle ancora a venire, che ti condanneranno senza pietà o ti ringrazieranno per  l’eternità, perché dalle tue scelte dipenderà il loro benessere. Come per un grave malanno c’è un tempo nel quale la prevenzione ha ancora un senso prima che i sintomi divengano incurabili. Sei proprio tu, e solo tu quello che può ancora fare qualcosa. Adesso. Dopo sarà troppo tardi. Allora prova a uscire dagli schemi, dal conformismo ideologico, dalle soluzioni semplificate, dalla comodità, dal piccolo o grande interesse, dall’ignoranza, dalla supponenza. Prova a pensare a un progetto che parta dalle esigenze dei cittadini di oggi e di domani, coinvolga i centri di ricerca per trovare le soluzioni più razionali tramite la condivisione con le persone dei vari scenari possibili. Prova a immaginare città con aria più pulita, con più verde, con mezzi pubblici più efficienti, con più spazio per i piedi e le biciclette, con più risparmio energetico, con meno rifiuti, con meno automobili, con meno consumi superflui, ispirandoti a modelli virtuosi che stanno nascendo proprio nella nostra Europa. Prova a ricreare i legami fisici e sociali tra città, territorio extraurbano e piccoli centri, fermando la cementificazione, promuovendo la diffusione equilibrata delle energie rinnovabili, i circuiti di produzione di cibo locale, la salvaguardia del paesaggio, la consapevolezza dei limiti. Raccogli la sfida ecologica globale come punto di partenza per pensare il futuro con un progetto coraggioso che metta la ricchezza sociale prima della ricchezza economica, che pure potrà rigenerarsi con nuove produzioni ecocompatibili. Oggi hai internet che ti permette di informarti più velocemente e più profondamente su ciò che accade nel mondo. Fai rete, circondati di una squadra competente in tanti settori: non potrai fare tutto da solo, è impossibile. Pensa al carattere di irreversibilità delle tue azioni: ogni grammo di CO2 in più nell’atmosfera, ogni metro quadrato di cemento in più e di suolo in meno, ogni capriccio al posto di una reale necessità avranno conseguenze anche gravi nel tempo e nello spazio. Per favore, fai tanta manutenzione e poche inaugurazioni. Metti davanti a tutto la cura dei beni comuni, l’ambiente, la sanità, l’istruzione e la preparazione dei cittadini ad affrontare nuove scarsità: è l’unico modo per proteggere la società civile dalla trappola della barbarie, che sempre emerge quando la torta diventa più piccola. Tanti auguri, siamo tutti con te, perché il sindaco amministra con i cittadini. Insieme ce la faremo.

sabato 12 ottobre 2013

Come indurre le Istituzioni a fare il loro dovere?


È  il titolo di un post che ho inviato alla redazione di Inquinamentoacistico.it il 16 giugno 2013. 
 
Egregio signore,
potrà apparirle paradossale, ma il nostro Paese ha rappresentato, in un passato poi non molto lontano, la Patria del Diritto civile. Uno Stato senza regole non è in grado di esercitare il suo potere sui cittadini, i quali, di rimando, non avranno occasione di identificarlo quale Organo di rivalsa dei loro diritti. Un ruolo molto difficile da gestire, così come lo dimostra l'articolata struttura organizzativa sviluppata dalle grandi potenze che oggi dominano il pianeta. 
Inefficienze, disparità di trattamento e finanche corruzione sono alla base di un modello gestionale decadente, costretto prima o poi a soccombere allo strapotere di coloro che dispongono di mezzi alternativi, ai quali una parte dei cittadini è costretta a ricondursi. Il risultato è un inesorabile e lenta disaffezione dell'Autorità pubblica, sia in ambito sociale e, quel che è peggio, anche in ambito economico, attraverso un deflusso di capitali che, ad oggi, rappresenta la linfa vitale per la gestione dei processi di sviluppo moderni. Porre ostacolo a tali processi degenerativi è molto difficile e non sempre assicura risultati risolutivi, specie se la "cura" viene somministrata in uno stadio avanzato della "malattia".
Quando un Paese necessita di articolati strumenti coercitivi per persuadere dai cattivi comportamenti, è un chiaro segnale che le regole non sono lo strumento ideale, poiché, nella migliore delle ipotesi, assolveranno alle esigenze di una cerchia limitata di persone. In questi casi, invece, è necessario adottare un cambiamento di cultura, il quale per contro impone tempi assai più lunghi e meccanismi di gestione più complessi.
Gli avvenimenti da Lei descritti sono una chiara testimonianza che le "regole" non assolvono adeguatamente ai termini delle risposte attese, dal momento che ogni regola necessità di "arbitri" in grado di assicurare il regolare svolgimento del "gioco", ma se l'arbitro è assente o non assolve appieno ai suoi compiti, quelle stesse regole perdono di utilità. Ad ogni buon conto, sono numerosi i casi in cui l'Autorità Giudiziaria ha saputo far fronte, nonostante gli innumerevoli ostacoli, a tali stati di degrado e c'è da credere che anche il caso da Lei esposto possa trovare un degno epilogo.
Inquinamentoacustico.it

lunedì 7 ottobre 2013

Legalità ... questa sconosciuta


A Santa Teresa di Riva, ridente cittadina sul mare jonio, ridono solo gli “amici degli amici”. Abbiamo avuto una sequela di primi cittadini che hanno ritenuto il rispetto e la pratica delle leggi non un esigenza fondamentale della vita sociale ma, un optional.  Per loro la legalità è qualcosa che può essere piegato al loro volere e potere. La cosa che più impressiona, nei nostri territori, non è tanto la strana concezione che chi fa politica e viene eletto Sindaco o ad altra carica ha della legalità, ma il fatto che non viene attivato alcun recupero di legalità sia per fatti rilevanti sia  per quelle forme di illegalità verso le quali non c’è sufficiente attenzione e condanna. In contesti come il nostro, l’illegalità si rafforza nella rete di interessi e complicità o anche solo nell’indifferenza e deresponsabilizzazione  in cui la pubblica amministrazione e gli organi dello Stato agiscono. In questo modo, “piccoli e grandi reati diventano costume, o meglio malcostume, espressioni di un’illegalità che è stata “depenalizzata” nelle coscienze e si è insediata nelle pieghe della vita sociale” (Don Luigi Ciotti).

Abbiamo inutilmente aspettato che l’inquinamento acustico di cui siamo ancora vittime  fosse risolto. Invece, incredibilmente, anno dopo anno, così non è stato. Su pressione dei gestori del bar che provocano l’inquinamento, il padrone di casa ci ha fatto sapere con largo anticipo che non ci rinnoverà il contratto di locazione (scade a maggio 2014). Molto probabilmente affitterà l’appartamento ai gestori ad un prezzo più remunerativo (buon per lui). I gestori vanno dicendo che ci hanno sfrattato: poco male. In verità, visto che non siamo stati tutelati (non ho perso la speranza che qualcuno prima o poi paghi per questo), io e miei familiari ci dichiariamo “sconfitti”. E visto che l’inquinamento acustico non è stato inibito, per non compromettere ulteriormente la nostra salute lasceremo l’appartamento anticipatamente, trasferendoci in altra località. In questo modo eviteremo che il solo cambiare alloggio possa risultare inutile.

Dove non c'è legalità non c'è cittadinanza.

giovedì 3 ottobre 2013

Comunicare i beni comuni

di Gregorio Arena  
Tutti i beni comuni sono innanzitutto beni comuni locali
Comunicare i beni comuni. O meglio, comunicare per i beni comuni, a difesa dei beni comuni, per proteggerli, perché essendo a disposizione di chiunque voglia usarli corrono continuamente il rischio di essere logorati, se non addirittura distrutti, da usi egoistici, predatori e irresponsabili.
Al cuore della questione dei beni comuni c'è la condivisione, sia come causa del loro logoramento, sia come mezzo per difenderli
La comunicazione può essere uno strumento molto potente per creare intorno ai beni comuni una rete di protezione composta da tutti coloro che sono consapevoli della loro importanza e vulnerabilità. Anche il potere è uno strumento potente, certamente. E sanzionare i comportamenti distruttivi è non soltanto doveroso, ma anche indispensabile per scoraggiare i predatori dei beni comuni.

Una radice in comune
Ma è la comunicazione lo strumento migliore per difenderli, per una ragione che affonda le sue radici nell'etimologia del termine stesso comunicare, dal latino commune, composto di cum e di un derivato di munus ("incarico, compito"), per cui commune vuol dire letteralmente "che svolge il suo compito insieme con altri".
Di qui l'italiano "comune" per indicare "ciò che è proprio di almeno due persone o cose", nonché una serie foltissima di termini che indicano la condivisione, il mettere insieme, il rendere partecipi più soggetti: comunità, comunanza, comunione, comunismo, comunicativa, comunicato e, appunto, comunicare e comunicazione.

I beni comuni, beni con-divisi
Se l'effetto del comunicare consiste nel condividere, nel rendere più soggetti partecipi di qualcosa, questo spiega perché per proteggere i beni comuni la comunicazione è meglio del potere. Perchè deve esserci coerenza fra il mezzo e il fine, in quanto il mezzo è già il fine, il percorso è già il punto di arrivo. E quindi anche lo strumento usato per proteggere e sviluppare i beni comuni deve essere coerente con la loro natura, sia per ragioni etiche, sia perché un mezzo coerente con il fine è più efficace.
E quale è la natura dei beni comuni? Quella di essere appunto beni con-divisi, mentre i beni privati sono per definizione non condivisi, semmai sub-divisi.

Comunicare per condividere
Ma se al cuore della questione dei beni comuni c'è la condivisione, sia come causa del loro logoramento, sia come mezzo per difenderli, allora la comunicazione è meglio del potere per difendere i beni comuni perché l'esercizio del potere divide, mentre la comunicazione creando condivisione di punti di vista unisce.
Comunicare i beni comuni significa fare esattamente questo: ottenere che il maggior numero possibile di persone condividano una certa idea dei beni comuni, del loro ruolo, della loro centralità nella costruzione di un modello di società fondata non soltanto sulla proprietà di beni privati, ma anche sull'uso responsabile di beni comuni, condivisi. E, condividendo questa idea, si attivino insieme con altri per prendersi cura dei beni comuni materiali e immateriali della comunità in cui vivono.

Quali sono i beni comuni?
Per arrivare a questo risultato la prima cosa da fare consiste nel definire i beni comuni, le loro caratteristiche e ciò che li distingue dai beni pubblici e da quelli privati.
Una riflessione teorica approfondita su queste tematiche è contenuta nei saggi pubblicati in G. Arena - C. Iaione, a cura di, L'Italia dei beni comuni, Carocci, 2010. Ma per dare un'idea di cosa significhi comunicare (per) i beni comuni è sufficiente elencarne alcuni, sia pure in maniera disorganica: il territorio, la qualità dell'ambiente, le risorse naturali, l'acqua, l'aria, la sicurezza, la fiducia nei rapporti sociali, la legalità, la vivibilità urbana, il linguaggio, la memoria collettiva, i sistemi di regole; ma anche i diritti dell'uomo, la regolazione del mercato, la salute, l'istruzione, le infrastrutture (le strade, le scuole, gli ospedali, i musei...), i beni culturali, i servizi pubblici, il capitale sociale e altri simili a questi, di cui ciascuno può godere liberamente ma che proprio per tale motivo sono continuamente minacciati da un uso egoistico.
In questo elenco vi sono "beni" molto diversi fra di loro, ma per tutti vale l'osservazione che il loro arricchimento è nell'interesse generale, così come lo è evitare il loro impoverimento.

Curare i beni comuni conviene
L'obiettivo principale della comunicazione per i beni comuni consiste dunque nel convincere milioni di persone che conviene prendersi cura dei beni comuni, perché l'arricchimento dei beni condivisi arricchisce tutti, così come il loro impoverimento equivale ad un impoverimento di tutta la società.
Conviene sotto un duplice profilo. Innanzitutto perché dall'elenco di beni comuni riportato sopra, per quanto disorganico, emerge chiaramente la loro assoluta centralità, per non dire indispensabilità, per una qualità della vita degna di esseri umani civili.
E in secondo luogo perché anche il più acceso individualista deve ammettere che senza beni comuni i suoi beni privati hanno meno valore o sono addirittura inutilizzabili: per esempio, a che serve avere un'automobile se mancano le strade, cioè un'infrastruttura di uso condiviso?

Due tipologie di comunicazione
La comunicazione per i beni comuni può essere sia generale, rivolta cioè ad un target indifferenziato e generico, sia settoriale, rivolta cioè a "pubblici" specifici.
Nel primo caso si tratta, come si diceva prima, di raggiungere una platea molto ampia di soggetti per convincerli che, poiché dalla qualità dei beni comuni dipende la qualità delle loro vite, gli conviene prendersi cura non soltanto (come già fanno) dei propri beni privati, ma anche dei beni condivisi, insieme con altri cittadini e con le amministrazioni pubbliche.
Nel secondo caso invece la comunicazione si rivolge a pubblici interessati non genericamente ai beni comuni in quanto tali, ma ad una specifica categoria di questi beni, materiali (ambiente, acqua, territorio, etc.), immateriali (legalità, salute, istruzione, etc.) o misti (vivibilità urbana, decoro, etc.). I messaggi andranno ovviamente calibrati in funzione sia dei diversi pubblici sia delle diverse caratteristiche dei vari beni, ma con un'avvertenza che riguarda tutti i beni comuni.

All commons are local commons
Un politico americano di grande esperienza usava dire che All government is local government, cioè "Tutta l'amministrazione è amministrazione locale", per dire che i problemi politici e amministrativi alla fine vanno affrontati e risolti a livello locale. Ebbene, anche per i beni comuni si potrebbe dire lo stesso: All commons are local commons, cioè "Tutti i beni comuni sono prima di tutto beni locali" e la loro cura e sviluppo vanno gestiti prevalentemente a livello locale.
I centri storici delle nostre città sono espressioni concrete di quel bene comune immateriale e generale che è la cultura. E' vero che chiunque al mondo può godere le bellezze delle città italiane che, sotto tale profilo, sono beni comuni universali. Ma le piazze, le strade e gli edifici che compongono un centro storico sono innanzitutto beni di una determinata comunità, che vive da secoli nel territorio dove si trovano quei beni culturali e che li utilizza per soddisfare le proprie esigenze di vita, di socializzazione, economiche, ricreative, etc.
Un centro storico, così come altri beni comuni, è dunque un bene condiviso di cui una particolare comunità ha il godimento (vantaggio), ma anche la custodia (responsabilità), per consentirne l'uso a tutti gli altri esseri umani potenzialmente interessati.

Incoraggiare i cittadini attivi, responsabili e solidali
La comunicazione per i beni comuni deve tenere conto di questa duplice natura dei destinatari del messaggio: da un lato utilizzatori tendenzialmente egoistici dei beni comuni presenti sul loro territorio, quindi potenziali predatori, dall'altro "custodi" di tali beni, responsabili della loro cura nei confronti di tutta l'umanità, quindi potenziali cittadini attivi per la cura dei beni condivisi.
La comunicazione deve rivolgersi a persone che hanno dentro di sè entrambe queste potenzialità, scoraggiando il loro lato "predatorio" e incoraggiando quello responsabile e solidale. E' difficile ma, come si è detto all'inizio, la comunicazione è uno strumento straordinariamente potente. Se usato con intelligenza, i risultati possono essere altrettanto straordinari
 
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