mercoledì 29 marzo 2017

Lettera al Presidente della Repubblica e al Ministro della Giustizia

Carissimo Presidente Sergio Mattarella, Egregio Ministro Andrea Oralando,

quando un cittadino si rivolge al Presidente della Repubblica e al Ministro della Giustizia vuol dire  che ritiene di essere vittima di un’ingiustizia.  Per quanto piccola possa apparire questa ingiustizia da fuori, per chi la vive essa assume una tale rilevanza che è disposto a percorrere tutte le strade possibili.
L’inquinamento acustico provocato da un pubblico esercizio ha rappresentato un grosso problema per il mio nucleo familiare. La nostra vita, com’è facile immaginare, è diventata un inferno  e la nostra salute è stata messa in serio pericolo. Solo andandocene via abbiamo potuto evitare il peggio.
Esposti, richieste, diffide, denunce e querele, a nulla sono valse.
Le istituzioni locali sono rimaste inerti anno dopo anno.  Mentre il responsabile dei rumori molesti e dannosi è stato rinviato a giudizio e ci sono state alcune condanne penali, i due sindaci pro tempore che si sono succeduti alla guida del Comune, invece, fino ad ora, l’hanno fatta franca (“le indagini effettuate  non consentono di ritenere ricorrenti profili di penale rilevanza nei fatti rappresentati”): l’ultimo provvedimento di archiviazione è stato emanato lo scorso 2 marzo in relazione all’ultimo esposto denuncia, del dicembre 2013 (procedimento aperto contro ignoti).
Come ho scritto in un post sul mio blog (il luogo dove posso dare visibilità alla vicenda), pur nel doveroso rispetto del giudizio espresso dai magistrati nei loro provvedimenti, reputo inaccettabili le motivazioni dei pubblici ministeri e dei giudici perché non rispondenti ai criteri della logica e del diritto. Se questo è vero non posso fare finta di niente. E, immagino che neanche il Presidente della Repubblica e il Ministro della Giustizia possano far finta di nulla.
Il consiglio di Stato con sentenza n. 1372/2013 ha sancito, qualora ce ne fosse stato bisogno, che   “… il potere del Sindaco di emanare una ordinanza ex art. 9 della Legge n. 447/95 è un dovere connesso all’esercizio delle sue funzioni, al quale non può sottrarsi anche se è leso un solo soggetto”. 
Dunque, in presenza di una accertata situazione di inquinamento acustico - accertamenti che nello specifico ci sono stati negli anni 2011 (due volte), 2012 e 2013 -  ai sindaci competeva, nella loro posizione di garanti e dotati di poteri-doveri giuridici in materia di igiene e sanità pubbliche, di porre rimedio al fenomeno di inquinamento acustico o nel contrastarlo.
I Magistrati, a seguito di indagini, palesemente lacunose e superficiali, non hanno ravvisato l’evidenza di quest’obbligo dei sindaci, scrivendo nelle motivazioni che “I fatti rappresentati non integrano alcuna violazione penalmente rilevante. In primo luogo non può ricondursi l’eventuale omissione ad alcuna delle ragioni giustificative di cui all’art. 328 c.p. comma 1 (giustizia, sicurezza pubblica, ordine pubblico, igiene e sanità).”
Poiché non perdo mai la speranza, ieri (28 marzo), con apposita istanza, ho sollecitato i (tre) Pubblici Ministeri che hanno ottenuto l’archiviazione, a richiedere al Gip la riapertura delle indagini ex articolo 414 codice di procedura penale, motivata dalla esigenza di nuove investigazioni.
Alle SS.VV. chiedo di considerare gli effetti negativi che il cattivo esempio del comportamento dei due sindaci e anche quello dei magistrati ha avuto e avrà sui cittadini. È tempo di risollevare la testa e contrastare chi lavora male dall’alto di una impunità che sembra garantita. Essi penseranno che possano fare ciò che gli pare. Lottare contro il malcostume è una doverosa esigenza morale e civile. Una necessità per lo Stato, che deve tutelare i diritti dei suoi cittadini e deve veder rispettata ovunque, senza zone franche, legalità e giustizia.
Se l’esito di queste istanze sarà negativo, avanzerò richiesta di risarcimento danni poiché ci troveremmo in presenza di un’abnorme violazione di legge ovvero di un uso distorto della funzione giudiziaria.
Il dispositivo dell’art. 28 della Costituzione sancisce che “I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici”.
Nel ringraziare per l’attenzione, resto in attesa di cortese riscontro.
Con deferenza e stima.

Aldo Lenzo
                                                                                           
“Quando si tratta della verità e della giustizia, non c'è
distinzione tra i grandi problemi e i piccoli
perché i principi generali che riguardano
l'azione dell'uomo sono indivisibili”
(Albert Einstein)

sabato 25 marzo 2017

Vorrei capire …

“Vorrei capire ma non ci riesco. Mi trovo a riflettere su una questione che per anni ha condizionato la nostra vita. Mi chiedo: ho sbagliato io a denunciare due sindaci, ritenendoli responsabili di omissioni gravi, oppure sono stati i magistrati a commettere un errore archiviando i procedimenti senza un approfondimento adeguato? È difficile comprendere se il rischio per la salute del mio nucleo familiare sia derivato da un’applicazione errata o omessa delle leggi da parte dei sindaci, o da una diversa interpretazione delle norme da parte dei magistrati. Vorrei capire, inoltre, se avessi potuto fare qualcosa di diverso per tutelare il nostro diritto al riposo e alla salute, non solo per trovare finalmente giustizia, ma anche per poterlo suggerire a chi si trovasse in futuro in una situazione analoga. A chi dovrei rivolgermi oggi, dopo che anche l’ultimo procedimento è stato archiviato. 

Non tutti sanno che un provvedimento di archiviazione emesso dal GIP, una volta accolta la richiesta di archiviazione del PM, è inoppugnabile, salvo per questioni formali. Naturalmente io rispetto le decisioni dei magistrati ma le considero inaccettabili, sul piano della logica e del diritto. Anche i magistrati sono esseri umani e possono sbagliare. Tuttavia, se commettono errori, è loro dovere porvi rimedio o renderne conto, come qualsiasi cittadino, essendo anch’essi soggetti alla Legge. Per questo motivo, ho deciso di presentare istanza di riapertura delle indagini per tre dei procedimenti archiviati, secondo quanto previsto dall’art. 414 del codice di procedura penale. Scriverò anche al Ministro della Giustizia e al Presidente della Repubblica. Se tali istanze verranno rigettate senza una motivazione logica e conforme al diritto, tutelerò i miei diritti intentando causa allo Stato perché venga riconosciuto il danno causato dal mancato esercizio dell’azione penale, ovvero per il diniego di giustizia. 

Capisco che qualcuno potrebbe chiedermi: “Non ti viene il dubbio che i magistrati non abbiamo potuto fare altrimenti, ovvero abbiano agito secondo legge e giustizia?” Naturalmente sono stato e sono assalito dai dubbi. E mai accuserei qualcuno ingiustamente o vorrei fosse condannato senza il riscontro di responsabilità accertate. Tuttavia, vorrei ricordare che l’archiviazione non è un’assoluzione, così come il rinvio a giudizio non equivale a una condanna.  Ciò che resta certo, però, è l’ingiustizia che io e miei genitori abbiamo subito per quattro anni.

Il Consiglio di Stato, (Sentenza n. 1372/2013) ha stabilito chiaramente che il potere del sindaco di emanare un’ordinanza ai sensi dell’articolo 9 della legge 447/95 non è una facoltà discrezionale, ma un preciso dovere in relazione alla tutela della salute e del riposo, anche se a essere leso è un solo cittadino.  Non comprendo come sia possibile che nelle motivazioni dei provvedimenti di archiviazione non si faccia alcun riferimento a questa obbligatorietà.  Alcuni Magistrati, addirittura, negano che l’omissione del sindaco rientri tra quelle rilevanti penalmente ai sensi dell’articolo 328 del codice penale, ignorando che questa norma richiama esplicitamente concetti come sicurezza pubblica, ordine pubblico, igiene e sanità. 

Nell’ultimo decreto di archiviazione il Gip afferma: “È evidente che l’omissione di un atto la cui adozione costituisce una facoltà non può conseguire la sussistenza di un’omissione penalmente rilevante che pretende l’omissione di un atto dovuto e urgente”.

Se così fosse, chi tutela i cittadini che subiscono danni accertati dall’inquinamento acustico, quando in sindaco, pur avendo il dovere, non interviene? 

Spero che presto si possa finalmente stabilire chi è nel giusto: i magistrati, che hanno ritenuto discrezionale l’intervento del sindaco o Consiglio di Stato, che lo considera un obbligo da cui il sindaco non può sottrarsi.”


venerdì 3 marzo 2017

A2A Energiefuture vuole investire a tutti i costi in una attività senza futuro, perché?

Economia circolare e gerarchia dei rifiuti contribuiranno sempre più a minimizzare la produzione di residuo secco da destinare all’incenerimento dei rifiuti. Pertanto, non si capisce l'inarrestabile impulso di A2A Energiefuture d’investire in un’attività che si rivelerà fallimentare, perché non potrà essere garantito l’approvvigionamento dell’enorme quantità di CSS che il loro progetto prevede di bruciare. Un  investimento rischioso l'inceneritore del San Filippo del Mela. Gli azionisti di A2A sono consapevoli del rischio che corrono?
Chiunque sia interessato alla gestione dei rifiuti o alla politica di riduzione dei rifiuti, ha sicuramente seguito l’intenso dibattito che si è sviluppato per decenni intorno al concetto di bruciare i rifiuti solidi urbani per produrre energia. Le lobby dell’incenerimento in tutto il mondo si sono attivate regolarmente per ottenere una maggiore capacità d’incenerimento (A2A è maestra in questo), adducendo come motivazione l’importanza di ridurre i rifiuti in discarica, trasformando alcuni materiali di scarto in elettricità o calore. Inoltre, i lobbisti affermano che il recupero energetico dai rifiuti fa parte di una soluzione integrata per la gestione dei rifiuti che non sono al momento riciclabili o che possono essere riciclati solo ad un costo eccessivo.
Dall’altro lato, molti sostenitori del riciclaggio si oppongono da tempo alla pratica dell’incenerimento, rilevando che i sistemi di produzioni di energia dai rifiuti inevitabilmente bruciano materia che potrebbe essere altrimenti recuperata, contribuendo anche a creare nuovi posti di lavoro. Essi fanno anche notare che il recupero di materia è comunque più vantaggioso del recupero di energia,  in quanto il risparmio di energia è superiore, molto meno inquinante e, dunque, molto più rispettoso dell’ambiente e della salute dei cittadini.
Questi fattori sono alla base delle argomentazioni  di un significativo documento pubblicato dalla Commissione europea lo scorso  gennaio in cui l’organismo europeo ha raccomandato cautela riguardo agli investimenti sugli impianti di incenerimento. Le parole del documento della Commissione sono chiare: non bisogna più fare affidamento sul sostegno finanziario della UE o altri fondi nazionali, prestiti o altre misure di rischio, e costruire impianti di incenerimento solo se non pregiudicano gli sforzi per il riuso e il riciclaggio. Infatti, l’obiettivo principale della Commissione è quello di garantire che la trasformazione dei rifiuti in energia, nell’Unione Europea,  sia in linea con il piano d’azione e gli obiettivi dell’Economia Circolare e sia saldamente guidata dalla gerarchia dei rifiuti. La Commissione ha raccomandato agli stati membri di considerare  l’impatto che l’obbligo della raccolta differenziata e l’obiettivo di riciclaggio di materia avranno sulla disponibilità di rifiuti combustibili per gli impianti di incenerimento, avvertendo che i flussi di rifiuti combustibili potrebbero essere limitati se il riuso e il riciclo (gerarchia dei rifiuti ed economia circolare) avranno successo. La Commissione ha anche sottolineato l’importanza di trovare il giusto equilibrio in ordine all’individuazione della reale capacità di incenerimento al fine di evitare potenziali perdite economiche associate ad attività improduttive, e/o la creazione di barriere infrastrutturali  per il raggiungimento di tassi di riciclo più elevati. A questo proposito, la Commissione ha invitato gli stati membri, che hanno una capacità bassa o inesistente di incenerimento, a concentrare gli sforzi sull’aumento della capacità di riciclaggio e lo sviluppo di recupero energetico tramite la digestione anaerobica della frazione organica (umido e verde). Forse l’aspetto più importante sottolineato è l’invito della Commissione ad eliminare gradualmente il sostegno pubblico per il recupero di energia dai rifiuti residui e per reindirizzare tale sostegno ai processi che hanno priorità nella gerarchia dei rifiuti, ovvero, dare sostegno pubblico alla prevenzione, riduzione, riuso e riciclaggio. La chiarezza delle parole usate nella comunicazione dalla Commissione su questo argomento ha un peso perché i finanziamenti dei governi giocano un ruolo chiave nelle realtà economiche dell’incenerimento dei rifiuti in Europa. A livello UE, la transizione verso sistemi di gestione dei rifiuti più sostenibili riceve un sostegno finanziario, principalmente attraverso il co-finanziamento dei fondi della politica di coesione. Nel caso di questi fondi, le pre-condizioni devono essere soddisfatte per garantire che i nuovi investimenti nel settore dei rifiuti siano in linea con i piani di gestione dei rifiuti progettati dagli Stati membri per soddisfare il raggiungimento degli obiettivi di riutilizzo e riciclaggio dei rifiuti. Come indicato nel piano d'azione dell’economia circolare, questo significa che gli investimenti in impianti di trattamento di rifiuti residui, come ad esempio l’extra capacità di incenerimento, sarebbero stati concessi solo in casi limitati e ben motivati, in cui non vi è alcun rischio di sopracapacità e gli obiettivi della gerarchia dei rifiuti siano pienamente rispettati. La costruzione e il funzionamento dei moderni inceneritori  è costoso e non è remunerativo senza incentivi finanziari esterni.
Queste recenti raccomandazioni della Commissione europea avrebbero dovuto inviare un segnale forte ad A2A, al Governo nazionale e alle Regioni. Saremmo curiosi di sapere quali azioni il Governo della Regione Siciliana ha preso o intende prendere in conseguenza all’adozione dello scellerato “Piano stralcio per la realizzazione degli impianti di valorizzazione della frazione residuale secca” e a seguito delle raccomandazione della Commiaaione europea?