martedì 4 novembre 2014

Chiusura della discarica di Mazzarrà S.Andrea

di Beniamino Ginatempo*

IL GIP di Barcellona P.G. ha disposto la chiusura della discarica di Mazzarrà S. Andrea, a causa di numerose irregolarità e reati ipotizzati. Tutti sapevano che sarebbe successo, il dipartimento Acqua e Rifiuti della Regione Sicilia prima degli altri. Avrebbero dovuto saperlo anche i sindaci di ben 86 comuni del messinese che conferiscono lì e per i quali si profila l’ennesima emergenza, sia finanziaria a causa della lievitazione dei costi, che igienico-sanitaria per l’allungamento dei tempi di conferimento. Ma, data la crisi, fiscal compact e patto di stabilità, Pantalone non paga più ed i cittadini dovranno tirar fuori altri quattrini oltre alla TARI. Tutti sapevano ma, salvo alcune notevolissime eccezioni, pochi hanno preso misure per prevenire l’emergenza: è ora di darsi una mossa. Ma c’è di peggio, perché le soluzioni più banali (l’utilizzo di altri siti) lo saranno ancora per poco, in quanto per 11 delle altre 12 discariche siciliane si ripropone uno dei problemi principali di quella di Mazzarrà: l’assenza di impianti funzionanti di biostabilizzazione che per legge (Dlgs 13/01/2003 n° 36, G.U. 12/03/2003, recepimento della direttiva europea 1999/31/CE “Discariche”) sono obbligatori da 11 anni! Dovrebbero saperlo, dunque, tutti i sindaci siciliani.
Evitando sterili recriminazioni e senza cercare colpevoli nel passato, Zero Waste Sicilia ritiene che sia il momento di trovare soluzioni sostenibili e strutturali, senza farsi dettare l’agenda dall’emergenza e dal panico, senza farsi tentare dall’idea di bruciare i rifiuti, perché è solo più costoso, più inquinante e, soprattutto, sciocco.
Il problema principale dei rifiuti è che ne facciamo troppi e troppo velocemente per la capacità finanziaria ed organizzativa degli enti preposti alla gestione. Vanno quindi attuate urgentemente, da parte dei comuni, misure che favoriscano la drastica riduzione dei rifiuti da avviare allo smaltimento, e queste non devono
limitarsi alla raccolta differenziata, ma puntare alla rigorosa applicazione del protocollo Rifiuti Zero, come già tante volte la nostra associazione ha argomentato.
I nostri scarti diventano spazzatura solo nel momento in cui li mescoliamo: basterebbe tenere separati in casa “umido” (scarti organici, ed oli esausti, il 33% del totale) e “secco” (plastica, carta, metalli, legno, farmaci, elettronica, tessili, scarpe, RAEE, suppellettili ingombranti, imballaggi vari, non meno del 40%) perché la frazione residuale (RUR) scenda sotto il 30%. Questo a patto che l’organizzazione della raccolta non mescoli gli scarti successivamente e/o li conferisca comunque in discarica. Per far ciò è indispensabile che la regione finanzi degli impianti di trattamento dell’umido (compostaggio) e snellisca le procedure autorizzative per il compostaggio di comunità (oggi complicate quanto quelle di una centrale nucleare!). I comuni a loro volta potrebbero da subito attuare meccanismi di incentivazione per il riuso ed il recupero di tanti scarti ancora funzionanti o riparabili, sia mediante più allettanti sconti sulla TARI, che praticando consistenti sconti fiscali agli esercizi che effettivamente partecipino alla RD di umido ed imballaggi.
Ma soprattutto ciascuno di noi dovrebbe ricordarsi che ogni piatto di plastica, ogni bicchierino da caffè, ogni prodotto usa e getta serve a far aumentare di qualche millimetro l’altezza delle colline della “munnizza”, e ad aumentare i rischi per la salute delle future generazioni.

* L'autore dell'articolo è presidente di Zero Waste Sicilia

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