giovedì 30 giugno 2011

Ritorno alla responsabilità dei cittadini

Chiediamoci: quali Comuni sono meglio amministrati?
Se riflettiamo su questo, la risposta non può che risultare evidente. I Comuni meglio amministrati sono quelli meglio organizzati e dove i cittadini sono più consapevoli dei loro doveri e dei loro diritti.

Dove le informazioni, la verifica dei fatti, dei comportamenti e della coerenza di chi amministra sono costantemente sotto osservazione tutto funziona meglio.

Fin’ora noi abbiamo sempre preferito delegare scegliendo magari il fustigatore di turno dei cattivi amministratori che hanno gestito il potere fino ad ieri. Questo è materialmente più comodo per noi perché, affidando le scelte ad altri, la responsabilità individuale scompare. La responsabilità non è più nostra. Ciò, quasi sempre, finisce per essere un danno enorme. Quando si affida ad altri il proprio destino, questi non agiscono secondo le finalità e gli interessi dei cittadini che glielo hanno affidato, ma secondo fini o interessi propri o della propria parte politica.

Il disinteresse e l’indifferenza dei Cittadini accresce il potere di chi è stato delegato, e questo comporta la distribuzione diseguale di diritti e doveri; comporta strade aperte per i loro amici e strade chiuse per tutti gli altri. Tutto diventa “ad personam”.

Chiamarsi fuori, escludere qualsiasi responsabilità individuale, delegare ad altri la soluzione dei problemi conduce a deleghe in bianco. Invece, ciascun cittadino deve tornare alla responsabilità e contribuire alla costruzione del bene comune. Ciò avviene partecipando, non ritraendosi, facendo e non lasciando fare, assumendosi le proprie responsabilità e rispondendo a ciò cui si è chiamati nell’organizzazione sociale. In altre parole, facendo bene il proprio lavoro.

domenica 26 giugno 2011

Conoscere per decidere

L’ipnosi in cui da alcuni anni erano caduti [gli italiani] è terminata, si sono risvegliati dall’indifferenza e non danno più retta alle promesse: vogliono i fatti e li vogliono subito.
Questo positivo risveglio non è tuttavia privo di rischi e pericoli. La soluzione dei problemi complessi e antichi non si improvvisa, l’epoca dei miracoli è finita, non esistono bacchette magiche. I risvegliati debbono partecipare con tenace intelligenza alla costruzione della nuova società è giusto che chiedano fatti e non parole, ma i fatti non cadono dal cielo, sono le tappe d’un percorso e d’un impegno.
I risvegliati debbono contribuire alla costruzione di quel percorso e garantire il loro impegno, altrimenti il vento nuovo si affievolirà, tornerà la bonaccia e l’indifferenza, l’attesa di improbabili miracoli e d’una nuova figura carismatica che si proponga come l’ennesimo uomo della provvidenza.
Non esistono uomini della provvidenza se non nella fantasia di sudditi che si rifiutano di diventare cittadini.
Le esperienze antiche e recenti dovrebbero averci insegnato che il popolo sovrano esiste soltanto se la sovranità viene esercitata ogni giorno. Da tutti e da ciascuno, operando al meglio nel proprio privato e partecipando alla costruzione del bene pubblico. Se il vento nuovo servirà ad infonderci questi sentimenti e questi comportamenti, il risultato ci sarà.

[Tratto dall’articolo di Eugenio Scalfari, “Una zattera in tempesta senza timoniere”, La Repubblica del 26 giugno 2011]

Quanto scritto da Scalfari è ciò che avrei voluto scrivere, se ne fossi stato capace, per spiegare che la soluzione dei problemi d’una comunità non s'improvvisa. Bisogna prima di tutto conoscere i problemi a fondo e, dunque, occorre documentarsi: esaminare, studiare e poi valutare le soluzioni alle varie problematiche. È necessario conoscere per decidere. Le soluzioni dei problemi non cadono dal cielo, come scrive Scalfari, sono appunto le tappe d’un percorso e d’un impegno.

Come persone, abbiamo il dovere di operare al meglio nel nostro privato e di partecipare tutti alla costruzione del bene pubblico.

giovedì 23 giugno 2011

Riscoprire il mestiere di cittadini

Gli italiani hanno dimostrato nei secoli di inventare sistemi politici e sociali senza precedenti. Anche la trasformazione di una repubblica in una grande corte è un esperimento mai tentato e mai riuscito prima. Rispetto alle corti dei secoli passati, quella che ha messo radici in Italia coinvolge non più poche centinaia di persone, ma milioni di persone e le conseguenze sono le medesime: servilismo, adulazione, identificazione con il signore, preoccupazione ossessiva per le apparenze, arroganza, buffoni e cortigiane. Poiché il sistema di corte ha plasmato il costume diffondendo quasi ovunque la mentalità servile, il rimedio dovrà essere di necessita coerente alla natura del male, vale a dire riscoprire, o imparare, il mestiere di cittadini. Per quanto sia ardua è la sola via. Il primo passo è capire il valore e la bellezza dei doveri civili

[Maurizio Viroli, La libertà dei servi, anticorpi Laterza, dodicesima edizione 2011]

Siamo in mano a squadre di mediocri, per colpa nostra, perché ce li siamo scelti. Questi mediocri a loro volta nominano mediocri come loro o addirittura peggio di loro. Continuando così, rinunciando a liberarci dei mediocri non facciamo un buon servizio a noi stessi e alla nostra comunità. Mandare a casa mediocri e furbi è un dovere;  è una necessità impellente se vogliamo risorgere ed aspirare ad un futuro migliore. Dobbiamo riappropriarci della cittadinanza: basta elemosinare favori e vite da precari per i nostri figli. Meno lamentele e più fatti concreti, più impegno, più coraggio. Esercitiamo  in ogni manifestazione del quotidiano i doveri e i diritti civili.

“Solo esercitando sempre in ogni occasione il mestiere di cittadino, si costruisce il paese e si diviene protagonisti della democrazia”.

martedì 21 giugno 2011

L'esempio educa più delle parole

Quando il suo avvocato gli propose di chiedere clemenza al Duce, Carlo Rosselli rispose dal carcere di Como: “ma c’era proprio bisogno dell’intervento [dell’avvocato]? Non c’era modo attraverso lo zio [Salvemini] di comunicare subito il no?  Il no è pregiudiziale, indipendentemente dal merito. Mi avessero chiesto di amare mia madre e mia moglie, avrei mostrato il medesimo contegno. Non voglio adattarmi a riconoscere un’attenuazione dei miei diritti. Certo ai tempi d’oggi, non è facile seguire una linea di condotta così rigida; e a volte mi domando se per avventura non esageriamo; ma la conclusione è sempre la stessa. Comunque abbia a chiudersi l’avventura personale e collettiva voglio sortire col mio capitale morale intatto. Respingo quindi ogni forma di garanzia, pegno, ipoteca…”.  Pochi giorni dopo, scrive per respingere di nuovo le proposte dell’avvocato di promettere per il futuro buona condotta, il che voleva dire abbandonare la lotta antifascista: “Quando si accetta di iniziare una tacita transazione ci si pone su un terribile piano inclinato; non ci si ferma più; cade ogni limite e tutto è lecito. So che quasi tutti al mio posto avrebbero agito (e in pratica agirono) diversamente; anche i migliori. So che di questi tempi ogni impegno unilaterale è viziato dalla debolezza dell’obbligato. So forse qualcosa di più: che potrà venire anche il momento nel quale avrò quasi a pentirmi di tanta ostinazione. Ma ormai il dado è tratto ed è inutile rammaricare. Sento, ti ripeto, per istinto, che l’esempio potrà servire solo se sarà puro, perfetto, incontaminato, solo se servirà a dimostrare che c’è stato qualcuno che ha saputo seguire, malgrado tutto, una linea di moralità, di intransigenza assoluta.”.

[I Rosselli. Epistolario familiare 1914-1937, a cura di Zeffiro Ciuffoletti, Mondadori, Milano 1997, p.332.]

C’è bisogno di dare esempi, anche piccoli esempi, come quelli che possiamo dare noi cittadini. Piccoli gesti sono sufficienti. Non bisogna essere eroi: per non buttare cicche di sigarette e carta e altre schifezze in strada e sulla spiaggia; per pulire la cacca del proprio cane; per tenere pulito il pezzetto di marciapiede di fronte casa propria; per richiamare garbatamente il vicino o il passante che lascia cadere a terra una cicca di sigaretta o un pezzo di carta. Una persona intelligente e per bene vi ringrazierà per avergli ricordato il suo dovere di cittadino.

Non potremo cambiare niente se prima non cambiamo (miglioriamo) noi stessi e non aiutiamo gli altri a cambiare dando il buon esempio. Siete d’accordo?

domenica 19 giugno 2011

Appello alla adesione al progetto di Democrazia Partecipata

Cari amici e cittadini di Santa Teresa di Riva, mi auguro che questa  iniziativa, il tentativo  di dare vita ad un progetto di cambiamento reale e dal basso,  possa svilupparsi e prendere forma.

Spero che il blog faccia da scintilla e inneschi in tutti, uomini e donne, e soprattutto nei giovani di Santa Teresa di Riva, la fiamma che alimenterà il progetto di cambiare radicalmente il modo di fare Politica e il modo di intendere la cittadinanza.

La realizzazione di qualsiasi progetto richiede tempo e impegno. Questo è così ambizioso che necessiterà di uno sforzo più grande da parte di tutti. Non abbiamo un capo da seguire, non dobbiamo costituire un gruppo di “fedeli” che seguono un capo. Saremo un gruppo di cittadini, con pari dignità e tutti importanti e determinanti. Le associazioni che operano sul territorio sono benvenute.

La “raccolta” delle adesioni è già aperta. Chi si impegna deve non solo promettere ma realmente dedicarci del tempo. Non ci sono limiti alle adesioni: più siamo, più forti saremo.

L’appello è rivolto indistintamente a tutti i cittadini che si riconoscono nel progetto, nel codice etico e sentono il dovere di partecipare.  Ogni cittadino, ognuno di noi, contribuirà nell’ambito delle proprie conoscenze e possibilità. Nessun cambiamento è possibile senza il contributo anche piccolo  di tutti.

Tuttavia, senza una adeguata, anche se piccola, struttura organizzativa non si può fare molto. Quanto prima apriremo un FORUM che funzioni da luogo di incontro e di discussione per muovere i primi passi.

Per manifestare adesione o interesse scrivere direttamente sul blog o contattare:

  ALDO -->  email: aldolenzo@virgilio.it  cell: 339 7527663

sabato 18 giugno 2011

Democrazia Partecipata a Santa Teresa di Riva

“Democrazia Partecipata” ha lo scopo di far partecipare attivamente i cittadini alle discussioni e alla definizione delle decisioni della comunità superando la fase del puro ascolto di ciò che, spesso, decideranno gli amministratori eletti. In altre parole, vogliamo che il cittadino non limiti la sua azione al voto ogni 5 anni (lamentandosi in continuazione di come vanno le cose) ma che si informi, discuta, voti consapevolmente o partecipi ad eventi e decisioni in cui diventa protagonista.

Gli strumenti della democrazia partecipata e diretta possono costituire una formidabile occasione di crescita civile e un potente mezzo per migliorare più efficacemente e dal basso il nostro Paese partendo dal nostro Comune.

“La democrazia è come un orto: se non la si coltiva con amore non da frutti.”

Una comunità di cittadini partecipi e attenti è sicuramente una comunità più capace di far fronte alla grande complessità sociale, ambientale e economica dell’epoca che stiamo vivendo.

     Comitato Promotore
"Democrazia Partecipata"

Tra i doveri essenziali dell’uomo Kant pone quello dell’orgoglio, della fierezza morale. Egli dice: “Non farti servo di nessuno”! E questo vuol dire: “Non subordinare la tua coscienza ai timori e alla speranza della vita inferiore: non avvilire la tua personalità piegandola servilmente dinnanzi ad altri uomini”! Soltanto chi sente in se l’esigenza di questa dignità morale, di questa fierezza inflessibile, è un uomo nel vero senso della parola: il resto è gregge nato per servire.     
                                                            PIETRO MARTINETTI (1926)

Occorre compiere in fondo il proprio dovere, qualunque sia il sacrificio da sopportare, costi quel che costi, perché in ciò che sta la dignità umana.

                                                          GIOVANNI FALCONE